00 03/11/2008 17:23
Non c'è opposizione tra fede nella creazione e scienza
L'OsservatoreRomano
Benedetto XVI all'assemblea plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze

Non c'è opposizione
tra fede nella creazione e scienza


Non c'è opposizione tra la comprensione di fede della creazione" e "la prova delle scienze empiriche". Lo ha ribadito Benedetto XVI nel discorso rivolto ai partecipanti alla plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, ricevuti in udienza nella mattina di venerdì 31 ottobre, nella Sala Clementina.

Illustri signore e signori,
sono lieto di salutare voi, membri della Pontificia Accademia delle Scienze, in occasione della vostra assemblea plenaria, e ringrazio il professor Nicola Cabibbo per le parole che mi ha cortesemente rivolto a vostro nome.
Nella scelta del tema "Comprensione scientifica dell'evoluzione dell'universo e della vita", cercate di concentrarvi su un'area di indagine che solleva grande interesse. Infatti, oggi molti nostri contemporanei desiderano riflettere sull'origine fondamentale degli esseri, sulla loro causa, sul loro fine e sul significato della storia umana e dell'universo.
In questo contesto, è naturale che sorgano questioni relative al rapporto fra la lettura che le scienze fanno del mondo e quella offerta dalla rivelazione cristiana. I miei predecessori Papa Pio xii e Papa Giovanni Paolo ii hanno osservato che non vi è opposizione fra la comprensione di fede della creazione e la prova delle scienze empiriche. Agli inizi la filosofia ha proposto immagini per spiegare l'origine del cosmo sulla base di uno o più elementi del mondo materiale. Questa genesi non era considerata come una creazione, quanto piuttosto come una mutazione o trasformazione. Implicava una interpretazione in qualche modo orizzontale dell'origine del mondo. Un progresso decisivo nella comprensione dell'origine del cosmo è stato la considerazione dell'essere in quanto essere e l'interesse della metafisica per la questione fondamentale dell'origine prima e trascendente dell'essere partecipato. Per svilupparsi ed evolversi il mondo deve prima essere, e quindi essere passato dal nulla all'essere. Deve essere creato, in altre parole, dal primo Essere che è tale per essenza.
Affermare che il fondamento del cosmo e dei suoi sviluppi è la sapienza provvida del Creatore non è dire che la creazione ha a che fare soltanto con l'inizio della storia del mondo e della vita. Ciò implica, piuttosto, che il Creatore fonda questi sviluppi e li sostiene, li fissa e li mantiene costantemente. Tommaso d'Aquino ha insegnato che la nozione di creazione deve trascendere l'origine orizzontale del dispiegamento degli eventi, ossia della storia, e di conseguenza tutti i nostri modi meramente naturalistici di pensare e di parlare dell'evoluzione del mondo. Tommaso ha osservato che la creazione non è né un movimento né una mutazione. È piuttosto il rapporto fondazionale e costante che lega le creature al Creatore poiché Egli è la causa di tutti gli esseri e di tutto il divenire (cfr. Summa theologiae, I, q. 45, a.3).
"Evolvere" significa letteralmente "srotolare un rotolo di pergamena", cioè, leggere un libro. L'immagine della natura come libro ha le sue origini nel cristianesimo ed è rimasta cara a molti scienziati. Galileo vedeva la natura come un libro il cui autore è Dio così come lo è delle Scritture. È un libro la cui storia, la cui evoluzione, la cui "scrittura" e il cui significato "leggiamo" secondo i diversi approcci delle scienze, presupponendo per tutto il tempo la presenza fondamentale dell'autore che vi si è voluto rivelare. Questa immagine ci aiuta a comprendere che il mondo, lungi dall'essere stato originato dal caos, assomiglia a un libro ordinato. È un cosmo. Nonostante elementi irrazionali, caotici e distruttivi nei lunghi processi di cambiamento del cosmo, la materia in quanto tale è "leggibile". Possiede una "matematica" innata. La mente umana, quindi, può impegnarsi non solo in una "cosmografia" che studia fenomeni misurabili, ma anche in una "cosmologia" che discerne la logica interna visibile del cosmo. All'inizio potremmo non riuscire a vedere né l'armonia del tutto né delle relazioni fra le parti individuali né il loro rapporto con il tutto. Tuttavia, resta sempre un'ampia gamma di eventi intellegibili, e il processo è razionale poiché rivela un ordine di corrispondenze evidenti e finalità innegabili:  nel mondo inorganico fra microstruttura e macrostruttura, nel mondo animale e organico fra struttura e funzione, e nel mondo spirituale fra conoscenza della verità e aspirazione alla libertà. L'indagine filosofica e sperimentale scopre gradualmente questi ordini. Percepisce che operano per mantenersi in essere, difendendosi dagli squilibri e superando ostacoli. Grazie alle scienze naturali abbiamo molto ampliato la nostra comprensione dell'unicità del posto dell'umanità nel cosmo.
La distinzione fra un semplice essere vivente e un essere spirituale, che è capax Dei, indica l'esistenza dell'anima intellettiva di un libero oggetto trascendente. Quindi, il Magistero della Chiesa ha costantemente affermato che "ogni anima spirituale è creata direttamente da Dio - non è "prodotta" dai genitori - ed è immortale" (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 366). Ciò evidenzia gli elementi distintivi dell'antropologia e invita il pensiero moderno ad esplorarli.
Illustri accademici, desidero concludere ricordando le parole che vi rivolse il mio predecessore Papa Giovanni Paolo ii nel novembre del 2003:  "Sono sempre più convinto che la verità scientifica, che è di per sé una partecipazione alla Verità divina, possa aiutare la filosofia e la teologia a comprendere sempre più pienamente la persona umana e la Rivelazione di Dio sull'uomo, una rivelazione compiuta e perfezionata in Gesù Cristo. Per questo importante arricchimento reciproco nella ricerca della verità e del bene dell'umanità, io, insieme a tutta la Chiesa, sono profondamente grato".
Su di voi, sulle vostre famiglie e su tutti coloro che sono associati all'opera della Pontificia Accademia delle Scienze invoco di cuore le benedizioni  divine  di  sapienza  e  di pace.



(©L'Osservatore Romano - 1 novembre 2008) Benedetto XVI a professori e studenti delle università ecclesiastiche romane

Liberi dall'orgoglio intellettuale
per giungere alla vera sapienza


"Una riflessione sulla sapienza della Croce, vale a dire sulla sapienza di Dio, che si contrappone alla sapienza di questo mondo" è stata proposta dal Papa - nel pomeriggio di giovedì 30 ottobre, nella basilica Vaticana - ai professori e agli studenti delle università ecclesiastiche romane nel tradizionale incontro all'inizio dell'anno accademico.

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!
È sempre per me motivo di gioia questo tradizionale incontro con le Università ecclesiastiche romane all'inizio dell'anno accademico. Vi saluto tutti con grande affetto, a partire dal Signor Cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, che ha presieduto la santa Messa e che ringrazio per le parole con cui si è fatto interprete dei vostri sentimenti. Sono lieto di salutare gli altri Cardinali e Presuli presenti, come pure i Rettori, i Professori, i Responsabili e i Superiori dei Seminari e dei Collegi, e naturalmente voi, cari studenti, che da diversi Paesi siete venuti a Roma per compiere i vostri studi. 
In questo anno, nel quale celebriamo il giubileo bimillenario della nascita dell'apostolo Paolo, vorrei soffermarmi brevemente insieme con voi su un aspetto del suo messaggio che mi sembra particolarmente adatto per voi, studiosi e studenti, e sul quale mi sono intrattenuto anche ieri nella catechesi durante l'Udienza generale. Intendo cioè riferirmi a quanto san Paolo scrive sulla sapienza cristiana, in particolare nella sua prima Lettera ai Corinzi, comunità nella quale erano scoppiate rivalità tra i discepoli. L'Apostolo affronta il problema di tali divisioni nella comunità, additando in esse un segno della falsa sapienza, cioè di una mentalità ancora immatura perché carnale e non spirituale (cfr. 1 Cor 3, 1-3). Riferendosi poi alla propria esperienza, Paolo ricorda ai Corinzi che Cristo lo ha mandato ad annunciare il Vangelo "non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo" (1, 17).
Da qui prende avvio una riflessione sulla "sapienza della Croce", vale a dire sulla sapienza di Dio, che si contrappone alla sapienza di questo mondo. L'Apostolo insiste sul contrasto esistente tra le due sapienze, delle quali una sola è vera, quella divina, mentre l'altra in realtà è "stoltezza". Ora, la novità stupefacente, che esige di essere sempre riscoperta ed accolta, è il fatto che la sapienza divina, in Cristo, ci è stata donata, ci è stata partecipata. C'è, alla fine del capitolo 2 della Lettera menzionata, un'espressione che riassume tale novità e che proprio per questo non finisce mai di sorprendere. San Paolo scrive:  "Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo -
(2, 16). Questa contrapposizione tra le due sapienze non è da identificare con la differenza tra la teologia, da una parte, e la filosofia e le scienze, dall'altra. Si tratta, in realtà, di due atteggiamenti fondamentali. La "sapienza di questo mondo" è un modo di vivere e di vedere le cose prescindendo da Dio e seguendo le opinioni dominanti, secondo i criteri del successo e del potere. La "sapienza divina" consiste nel seguire la mente di Cristo - è Cristo che ci apre gli occhi del cuore per seguire la strada della verità e dell'amore.
Cari studenti, voi siete venuti a Roma per approfondire le vostre conoscenze in campo teologico, e anche se studiate altre materie diverse dalla teologia, per esempio il diritto, la storia, le scienze umane, l'arte, ecc., comunque la formazione spirituale secondo il pensiero di Cristo resta per voi fondamentale, ed è questa la prospettiva dei vostri studi. Perciò sono importanti per voi queste parole dell'apostolo Paolo e quelle che leggiamo subito dopo, sempre nella prima Lettera ai Corinzi:  "Chi conosce infatti i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato" (2, 11-12). Eccoci ancora all'interno dello schema di contrapposizione tra la sapienza umana e quella divina. Per conoscere e comprendere le cose spirituali bisogna essere uomini e donne spirituali, poiché se si è carnali, si ricade inevitabilmente nella stoltezza, anche se magari si studia molto e si diventa "dotti" e "sottili ragionatori di questo mondo" (1, 20).
Possiamo vedere in questo testo paolino un accostamento quanto mai significativo con i versetti del Vangelo che riportano la benedizione di Gesù rivolta a Dio Padre, perché - dice il Signore - "hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11, 25). I "sapienti" di cui parla Gesù sono quelli che Paolo chiama i "sapienti di questo mondo". Mentre i "piccoli" sono coloro che l'Apostolo qualifica "stolti", "deboli", "ignobili e disprezzati" per il mondo (1, 27-28), ma che in realtà, se accolgono "la parola della Croce" (1, 18), diventano i veri sapienti. Al punto che Paolo esorta chi si ritiene sapiente secondo i criteri del mondo a "farsi stolto", per diventare veramente sapiente davanti a Dio (3, 18). Questo non è un atteggiamento anti-intellettuale, non è opposizione alla "recta ratio". Paolo - seguendo Gesù - si oppone ad un tipo di superbia intellettuale, in cui l'uomo, pur sapendo molto, perde la sensibilità per la verità e la disponibilità ad aprirsi alla novità dell'agire divino.
Cari amici, questa riflessione paolina quindi non vuole affatto condurre a sottovalutare l'impegno umano necessario per la conoscenza, ma si pone su un altro piano:  a Paolo interessa sottolineare - e lo fa senza mezzi termini - che cosa vale realmente per la salvezza e che cosa invece può recare divisione e rovina. L'Apostolo cioè denuncia il veleno della falsa sapienza, che è l'orgoglio umano. Non è infatti la conoscenza in sé che può far male, ma la presunzione, il "vantarsi" di ciò che si è arrivati - o si presume di essere arrivati - a conoscere. Proprio da qui derivano poi le fazioni e le discordie nella Chiesa e, analogamente, nella società. Si tratta dunque di coltivare la sapienza non secondo la carne, bensì secondo lo Spirito. Sappiamo bene che san Paolo con le parole "carne, carnale" non si riferisce al corpo, ma ad un modo di vivere solo per se stessi e secondo i criteri del mondo. Perciò, secondo Paolo, è sempre necessario purificare il proprio cuore dal veleno dell'orgoglio, presente in ognuno di noi. Anche noi dobbiamo dunque elevare con san Paolo il grido:  "Chi ci libererà?" (cfr. Rm 7, 24). E pure noi possiamo ricevere con lui la risposta:  la grazia di Gesù Cristo, che il Padre ci ha donato mediante lo Spirito Santo (cfr. Rm 7, 25). Il "pensiero di Cristo", che per grazia abbiamo ricevuto, ci purifica dalla falsa sapienza. E questo "pensiero di Cristo" lo accogliamo attraverso la Chiesa e nella Chiesa, lasciandoci portare dal fiume della sua viva tradizione. Lo esprime molto bene l'iconografia che raffigura Gesù-Sapienza in grembo alla Madre Maria, simbolo della Chiesa:  In gremio Matris sedet Sapientia Patris:  in grembo alla Madre siede la Sapienza del Padre, cioè Cristo. Rimanendo fedeli a quel Gesù che Maria ci offre, al Cristo che la Chiesa ci presenta, possiamo impegnarci intensamente nel lavoro intellettuale, interiormente liberi dalla tentazione dell'orgoglio e vantandoci sempre e solo nel Signore.
Cari fratelli e sorelle, è questo l'augurio che vi rivolgo all'inizio del nuovo anno accademico, invocando su voi tutti la materna protezione di Maria, Sedes Sapientiae, e dell'Apostolo Paolo. Vi accompagni anche la mia affettuosa Benedizione.



(©L'Osservatore Romano - 1 novembre 2008) Il Papa al Rinnovamento Carismatico Cattolico

Salvaguardate la fedeltà all'identità cattolica


"Si intensifichi il dialogo tra Pastori e Movimenti ecclesiali a tutti i livelli:  nelle parrocchie, nelle diocesi e con la Sede Apostolica". Lo ha auspicato Benedetto XVI ricevendo venerdì mattina, 31 ottobre, esponenti del Rinnovamento Carismatico Cattolico e vescovi che accompagnano queste nuove comunità.
Durante l'udienza, svoltasi nell'Aula della Benedizione, il Papa ha sottolineato in particolare il ruolo della Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellowships.

Eminenza, Venerati Fratelli nell'Episcopato
e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!
Porgo con vivo piacere a voi tutti il mio cordiale benvenuto, e vi ringrazio per la visita che mi rendete in occasione del ii Incontro Internazionale dei Vescovi che accompagnano le nuove Comunità del Rinnovamento Carismatico Cattolico, del Consiglio internazionale della Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellowships e, infine, della xiii Conferenza Internazionale, convocata in Assisi, sul tema:  "Noi predichiamo Cristo Crocifisso, potenza e sapienza di Dio" (cfr. 1 Cor 1, 23-24), a cui prendono parte le principali Comunità del Rinnovamento Carismatico nel mondo. Saluto voi, cari Fratelli nell'Episcopato, e voi tutti, che operate al servizio dei Movimenti ecclesiali e delle Nuove Comunità. Un saluto speciale rivolgo al Prof. Matteo Calisi, Presidente della Catholic Fraternity, che si è fatto interprete dei vostri sentimenti.
Come ho avuto già modo di affermare in altre circostanze, i Movimenti ecclesiali e le Nuove Comunità, fioriti dopo il Concilio Vaticano ii, costituiscono un singolare dono del Signore ed una risorsa preziosa per la vita della Chiesa. Essi vanno accolti con fiducia e valorizzati nei loro diversi contributi da porre a servizio dell'utilità comune in modo ordinato e fecondo. Di grande interesse è poi l'attuale vostra riflessione sulla centralità di Cristo nella predicazione, come pure sull'importanza dei "Carismi nella vita della Chiesa particolare", con riferimento alla teologia paolina, al Nuovo Testamento e all'esperienza del Rinnovamento Carismatico. Ciò che apprendiamo nel Nuovo Testamento sui carismi, che apparvero come segni visibili della venuta dello Spirito Santo, non è un evento storico del passato, ma realtà sempre viva:  è lo stesso divino Spirito, anima della Chiesa, ad agire in essa in ogni epoca, e questi suoi misteriosi ed efficaci interventi si manifestano in questo nostro tempo in maniera provvidenziale. I Movimenti e le Nuove Comunità sono come delle irruzioni dello Spirito Santo nella Chiesa e nella società contemporanea. Possiamo allora ben dire che uno degli elementi e degli aspetti positivi delle Comunità del Rinnovamento Carismatico Cattolico è proprio il rilievo che in esse rivestono i carismi o doni dello Spirito Santo e loro merito è averne richiamato nella Chiesa l'attualità. 
Il Concilio Vaticano II, in diversi documenti, fa riferimento ai Movimenti e alle nuove Comunità ecclesiali, specialmente nella Costituzione Dogmatica Lumen gentium, dove leggiamo:  "I carismi straordinari o anche più semplici e più comuni, siccome sono soprattutto appropriati e utili alle necessità della Chiesa, si devono accogliere con gratitudine e consolazione" (n. 12). In seguito, anche il Catechismo della Chiesa Cattolica ha sottolineato il valore e l'importanza dei nuovi carismi nella Chiesa, la cui autenticità viene però garantita dalla disponibilità a sottomettersi al discernimento dell'autorità ecclesiastica (cfr. n. 2003). Proprio perché assistiamo a una promettente fioritura di movimenti e comunità ecclesiali, è importante che i Pastori esercitino nei loro confronti un prudente, saggio e benevolo discernimento. Auspico di cuore che si intensifichi il dialogo tra Pastori e Movimenti ecclesiali a tutti i livelli:  nelle parrocchie, nelle diocesi e con la Sede Apostolica. So che sono allo studio opportune modalità per dare riconoscimento pontificio ai nuovi Movimenti e Comunità ecclesiali e non sono pochi quelli che già lo hanno ricevuto. Di questo dato - il riconoscimento o l'erezione di associazioni internazionali da parte della Santa Sede per la Chiesa universale - i Pastori, specialmente i Vescovi, non possono non tenere conto nel doveroso discernimento che ad essi compete (cfr. Congregazione per i Vescovi, Direttorio per il Ministero Pastorale dei Vescovi Apostolorum Successores, Cap. 4, 8).
Cari fratelli e sorelle, fra queste nuove realtà ecclesiali riconosciute dalla Santa Sede, va annoverata anche la vostra, la Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellowships, Associazione Internazionale di fedeli, che assolve a una specifica missione in seno al Rinnovamento Carismatico Cattolico (cfr Decreto del Pontificio Consiglio per i Laici del 30 novembre 1990 prot. 1585/S-6//B-SO). Uno dei suoi obiettivi, conformemente alle indicazioni del mio venerato predecessore Giovanni Paolo ii, è salvaguardare l'identità cattolica delle comunità carismatiche e incoraggiarle nel mantenere uno stretto legame con i Vescovi e con il Romano Pontefice (cfr. Lettera autografa alla Catholic Fraternity, 1 giugno 1998). Apprendo, inoltre, con compiacimento, che essa si propone la costituzione di un Centro di formazione permanente per i membri e i responsabili delle Comunità Carismatiche. Ciò permetterà alla Catholic Fraternity di meglio valorizzare la propria missione ecclesiale orientata all'evangelizzazione, alla liturgia, all'adorazione, all'ecumenismo, alla famiglia, ai giovani e alle vocazioni di speciale consacrazione; missione che sarà ancor più aiutata dal trasferimento della Sede internazionale dell'associazione a Roma, con la possibilità di essere in più stretto contatto con il Pontificio Consiglio per i Laici.
Cari fratelli e sorelle, la salvaguardia della fedeltà all'identità cattolica e dell'ecclesialità da parte di ognuna delle vostre comunità vi permetterà di rendere dappertutto una testimonianza viva ed operante del profondo mistero della Chiesa. E sarà proprio questo a promuovere la capacità delle varie comunità di attirare nuovi membri. Affido i lavori dei vostri rispettivi convegni alla protezione di Maria, Madre della Chiesa, Tempio vivo dello Spirito Santo, e all'intercessione dei santi Francesco e Chiara di Assisi, esempi di santità e di rinnovamento spirituale, mentre di cuore imparto a voi e a tutte le vostre comunità una speciale Benedizione Apostolica.



(©L'Osservatore Romano - 1 novembre 2008)