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Stiamo salvando il mondo dalla sicura catastrofe del "buco nell'ozono"

Ultimo Aggiornamento: 24/12/2008 18:30
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18/12/2008 08:20

Da: RaiNews24.it

Bruxelles | 17 dicembre 2008
Clima, approvato pacchetto Ue. Legambiente: si poteva fare di piu'
Logo Legambiente
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Con 610 sì , 60 no e 29 astenuti il Parlamento Ue ha approvato  il pacchetto clima che aiutera' a ridurre le emissioni di Co2 del 20 per cento nel 2020 e sul quale la scorsa settimana e' stato trovato l'accordo dei Ventisette.   
 
 Legambiente : si poteva fare di piu'
"La strada imboccata dall'Europa è quella giusta anche se si poteva fare di più. L'accordo raggiunto sul pacchetto 20-20-20 fa ben sperare per la riuscita di un impegno globale a Copenaghen ma gli obiettivi sono ancora lontani e bisogna andare oltre le buone intenzioni. A
cominciare dall'Italia che si deve decidere a diminuire le emissioni.

I target stabiliti a Kyoto sono ancora vincolanti e questo nuovo accordo non eviterà le
sanzioni agli Stati che non li hanno rispettati". Legambiente commenta così il via libero al cosiddetto pacchetto 20-20-20 da parte dell'Europarlamento a Strasburgo e avverte sul rischio di sanzioni per il nostro Paese, in forte ritardo rispetto agli impegni del protocollo di Kyoto.

"Questo nuovo accordo - continua Legambiente - ha concesso fin troppo all'Italia, permettendole un impegno al ribasso visto che gli obiettivi di riduzione della CO2 sono
calcolati in base ai livelli del 2005 e non a quelli del 1990. In pratica secondo Kyoto dobbiamo tagliare le nostre emissioni del 6,5% entro il 2012 mentre il nuovo pacchetto Ue prevede un taglio del 5,1% entro il 2020.

Se oggi dunque lo sforzo richiesto all'Italia appare gravoso, con le sanzioni lo sarà ancora di più e non basterà limitarsi, come vorrebbe il governo Berlusconi, ad acquistare i permessi a inquinare piuttosto che investire nella riconversione del sistema industriale italiano e nel rilancio della nostra economia. Acquistare crediti all'estero - aggiunge Legambiente - significa
pagare per l'innovazione di paesi concorrenti senza avere alcun ritorno né sulla riduzione dell'inquinamento, né sul taglio di spesa dovuto all'importazione di petrolio o gas, né sull'occupazione che nascerebbe dallo sviluppo di un'economia rinnovabile".

La strada da seguire secondo Legambiente è quella dettata dalla stessa Europa che nel Piano di ripresa economica - adottato nel vertice della scorsa settimana dai 27 governi nazionali compreso il nostro - esorta gli Stati membri a orientare la propria azione verso investimenti 'intelligenti', nelle fonti rinnovabili e nell'efficienza energetica per creare occupazione e risparmiare energia, nelle tecnologie pulite per rilanciare settori come l'edilizia e l'industria automobilistica  sui mercati del futuro a basse emissioni di carbonio, nell'infrastruttura e
nell'interconnessione per promuovere l'efficienza e l'innovazione. "Confidiamo
che al prossimo summit - conclude Legambiente - non dovremo trovarci di nuovo
a fare la figura del paese più miope e arretrato".





Parigi | 16 dicembre 2008
Esplosivo nei grandi magazzini a Parigi. Non convince la rivendicazione afghana
I grandi magazzini Printemps a Parigi
I grandi magazzini Printemps a Parigi

Cinque candelotti di dinamite. Senza innesco, ma proprio in mezzo alla gente che fa gli acquisti di Natale. Ai grandi magazzini parigini Printemps torna l'incubo terrorismo sotto le feste ma tutto ha l'aria del mistero. Nessuno, dagli inquirenti all'Eliseo, sembra prendere sul serio la pasticciata rivendicazione dei "rivoluzionari afghani".

Esattamente ventitre' anni fa, una bomba esplose dai vicini del Printemps, le Galeries Lafayette, lasciando oltre 40 feriti in terra e seminando terrore. Anche li' all'inizio fu mistero, poi l'azione fu attribuita agli hezbollah. Ma oggi i conti non tornano a nessuno: la dinamite non aveva innesco. Quindi, come ha ripetuto a scopo tranquillizzante Michele Alliot-Marie, ministra degli Interni, non poteva esplodere. Pero' era stata ben sistemata nella cassetta dello sciacquone dei bagni al terzo piano. Ed era stata indicata con cura dal sedicente Fronte rivoluzionario afghano in un foglietto fatto pervenire per posta ordinaria all'agenzia Afp. Spedito ieri, arrivato stamattina.

Il sedicente gruppo fino a stamani era sconosciuto, e la bizzarra rivendicazione assomiglia a un collage di chi vuole imitare il terrorismo islamico, forse infarcito di messaggi criptici. Non c'e' alcun riferimento religioso, fanno notare gli esperti, ci si richiama soltanto all'Afghanistan - un singolo Paese, mentre i terroristi islamici tendono a rivendicare in nome dell'Islam nel suo complesso. E soprattutto si e' avvertito prima. Una pratica dei terroristi corsi, dell'Eta o dell'Ira piuttosto che degli integralisti islamici. Per non parlare di parole molto "francesi" come "rivoluzionario" e "capitalista".

Non e' successo praticamente nulla, i nove piani del Printemps - dove si aggirano a 10 giorni da Natale non meno di 100.000 visitatori al giorno, un quarto stranieri - sono stati evacuati con calma, pur nella tensione del momento. Trovata la dinamite, la zona e' stata transennata per sicurezza mentre circa tre ore piu' tardi - dopo la visita della Alliot-Marie e del sindaco di Parigi, Bertrand Delanoe - i clienti sono stati fatti rientrare nei reparti. La caccia al regalo e' ripresa. La dinamite (vecchia, secondo gli inquirenti), era sistemata dentro una cassetta dello scarico delle toilette del terzo piano. Sopra, ha detto la ministra, c'era soltanto un pezzo di cordone, vecchio anch'esso. Segnali precisi per chi vuole o puo' comprenderli oppure particolari casuali?

Nemmeno all'Eliseo sono convinti della pista afghana: "Per noi - trapela - la minaccia e' venuta in passato piuttosto dal sud, dal Maghreb, da al Qaida". Sette "jihadisti", che sembra non abbiano nulla a che fare con la dinamite al Printemps, sono stati arrestati in un' operazione antiterrorismo di questa mattina molto presto. Il lavoro degli inquirenti sul tentativo di attentato di oggi e' cominciato ma nessuno scommette sul fatto che l'opinione pubblica sara' tenuta al corrente di quanto avviene. A parte il terrorismo islamico, la Francia e' stata il Paese dove piu' frequenti sono stati i terroristi "anomali": uno fra tutti, il misterioso gruppo Azf, che nel 2004 ricatto' il governo di compiere attentati sui binari costringendo la polizia a schierare agenti lungo 32.000 chilometri di via strada ferrata. In quel caso vennero chiesti molti soldi allo stato che, ufficialmente, non "riusci"' a pagare il riscatto perche' manco' l'appuntamento della consegna del denaro.

"La minaccia terroristica e' forte sulla Francia perche' siamo impegnati nella difesa della liberta' nel mondo", ha detto stasera il primo ministro, Francois Fillon. Ma in molti a Parigi stanno gia' cercando in altre direzioni quelli che vogliono rovinare il Natale ai francesi.





Strasburgo | 16 dicembre 2008
Auto: Sarkozy, bisogna intervenire a sostegno del settore in Europa
Il mercato automobilistico è in crisi
Il mercato automobilistico è in crisi

Il presidente francese Nicolas Sarkozy, nella veste di presidente di turno dell'Ue, e' tornato oggi a sostenere la necessita' e l'opportunita' di interventi a sostegno dell'industria automobilistica europea. Intervgenti che la Francia sta mettendo a punto. Nel giorno in cui il mercato delle vendite di auto ha registrato un nuovo, drammatico crollo, Sarkozy ha detto:"Non possiamo essere il solo continente a non aiutare i costruttori a fare fronte" alla situazione. "Sono per il libero scambio, per gli accordi al Wto, ma anche per la reciprocita"'.

La Commissione europea, ha poi aggiunto, ha il compito di vigilare sul rispetto delle regole della concorrenza. "Ma se gli Usa possono intervenire, anche l'Europa lo puo' fare e non vedo come questo possa essere contrario allo spirito del trattato Ue". In Europa la Svezia ha gia' annunciato un piano da due miliardi di euro a sostegno della sua industria automobilistica. A questo proposito il presidente della Commissione Ue Jose' Manuel Barroso ha osservato che Bruxelles "vigilera' affinche' le misure prese da Stoccolma rispettino le regole del mercato unico".



Roma | 17 dicembre 2008
La Chrysler chiude gli impianti per un mese
San Francisco
San Francisco

Chrylser annuncia che a partire dal prossimo 19 dicembre tutti e 30 i suoi stabilimenti chiuderanno per almeno un mese.

Chrysler ha annunciato che interromperà temporaneamente la concessione di prestiti ai propri concessionari a causa della riduzione dei fondi nelle casse del braccio finanziario della società di Detroit. I prestiti, spiega l'agenzia Dow Jones, sono utilizzati dai concessionari per finanziare l'acquisto di grandi quantita' di vetture che poi vengono vendute ai clienti della società.

Il braccio finanziario di Chrysler è rimasto a corto di liquidità dopo che i concessionari del gruppo hanno deciso di ritirare in blocco il denaro depositato nel fondo. Tom Gilman, direttore finanziario di Chrysler, ha dichiarato che dallo scorso luglio sono stati ritirati piu' di 1,5 miliardi di dollari.

I concessionari spiegano di aver tolto risorse dal fondo per paura di un imminente fallimento di Chrysler. "Tutti sono preoccupati per un crollo della societa'", ha detto un concessionario rimasto anonimo.  Il blocco dei prestiti ai rivenditori è senz'altro un danno per Chrysler. I concessionari, senza finanziamenti, sono costretti ad ordinare meno veicoli e questo si traduce anche in un calo delle vendite per la società.


Algeri | 17 dicembre 2008
Opec: taglio record della produzione. E intanto il petrolio va a picco

Taglio da record sull'offerta di petrolio da parte del cartello degli esportatori, l'Opec. Due milioni e duecentomila barili al giorno in meno, come ufficializzato oggi al termine della riunione straordinaria tenuta a Orano, in Algeria. Segue una riduzione da un milione e mezzo di barili decisa solo poche settimane fa, a ottobre, e quella di oggi è la stretta più consistente almeno dal 2003. La Russia punta per ora allo status di osservatore permanente presso l'Opec e annuncia tagli alle esportazioni di petrolio pari a 16 milioni di tonnellate nel 2009, ovvero di 320.000 barili al giorno, se i prezzi restano restano così bassi. Mosca ha fatto sapere che anche l'Azerbaijan ed il Kazakhstan sarebbero pronti a supportare tagli alla produzione.

Intanto il barile va a picco, sfiorando nuovamente quota 40 dollari.

Il mercato resta dominato dai timori per l'economia, e quindi per la domanda di greggio, i corsi petroliferi restano in sincronia con l'andamento dei mercati azionari, e inoltre i dati settimanali sulle scorte americane pubblicati sempre oggi hanno segnato un incremento superiore al previsto. Problemi rischiano di averle paradossalmente create anche le modalità usate dall'Opec nel comunicare le sue decisioni, che hanno creato confusione finendo innescare una specie di effetto boomerang. Infine l'Opec non è riuscita a convincere la Russia a partecipare ai suoi tagli se non per misura simbolica.

Secondo alcuni analisti il cartello dovrà dimostrarsi credibile nelle sue manovre per ottenere effetti tangibili sui prezzi, e in passato spesso non lo è stato. Altri esperti affermano che c'è comunque ben poco da fare per fermare il calo dei prezzi, continuerà nel 2009 e il barile potrebbe anche finire a 30 dollari. Certo per gli interessi degli stati esportatori non promettono bene nè la reazione del mercato nè, sul fronte della credibilità, le modalità con cui oggi è stata diffusa la decisione. Nel comunicato ufficiale il cartello rivendica che rispetto ai livelli di settembre ora la sua produzione risulta complessivamente diminuita di 4,2 milioni di barili (2,2 oggi, 1,5 a ottobre altri 500 mila per una precedente rimozione di eccedenza produttiva).

Ma tutto questo ha creato confusione sul taglio di oggi e tratto in inganno varie testate, come l'americana Cnbc - uno dei maggiori portali di informazione finanziaria negli Usa - che aveva riferito a tambur battente che oggi l'Opec aveva stretto l'offerta per oltre 4 milioni di barili. Il presidente dell'Opec Chakib Khelil ha successivamente precisato che il taglio di oggi è effettivamente per 2,2 milioni di barile. Se stamattina, negli scambi elettronici sulla Borsa merci di New York, il Nymex, il barile di West Texas Intermediate era risalito fino a 45,50 dollari, poco dopo gli annunci dell'Opec è andato a picco - con cali superiori ai 3 dollari - segnando un minimo a 40,20 dollari. Ieri a Wall Street l'azionario aveva chiuso in forte recupero, sulla scia del quasi azzeramento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve. Ma i rialzi son stati di breve durata e oggi i listini sono tornati a puntare al ribasso. Poco dopo le 18 italiane i futures sul petrolio in prima scadenza, cadono di 2,84 dollari, con il Wti a quota 40,76.

"Se l'Opec mantiene la disciplina i suoi tagli dovrebbero provocare una stretta sul mercato", afferma Gerard Rigby, analista della Fuel Firts Consulting. "Non si può togliere così tanto greggio senza avere effetti. Ma l'Opec ha avuto scarsa credibilità per molto tempo, ora dovrà dimostrare di essere seriamente impegnata a queste riduzioni".

Secondo Rigby la partita dell'Opec con la Russia è un altro fattore che potrebbe rafforzarne l'efficacia, da mesi si sono intensificati i colloqui con Mosca. Per ora intende diventare un osservatore permanente, secondo quanto annunciato dal vicepremier russo con delega all'Energia, Igor Sechin, che era a Orano, per partecipare appunto alla riunione. L'Opec ha sede a Ginevra, in Svizzera. Secondo Rigby "se l'Opec riuscisse a ottenere un taglio contestuale dalla Russia, questo creerebbe un sostegno più consistente ai prezzi".

Ma difficilmente i Paesi del cartello potranno sperare in un impegno di Mosca se loro stessi non si dimostreranno determinati e disciplinati a ottemperare ai loro. Per ora Mosca si limita a riferire che la sua produzione di greggio sull'insieme del 2008 risulterà leggermente diminuità, circa 300 mila barili in meno rispetto ai livelli del 2007, ma per il 2009 Sechin non ha preso impegni precisi, affermando che è difficile fare anticipazioni. Secondo alcuni economisti i prezzi delle materie prime continueranno comunque a calare, mentre la recessione estenderà le sue spire nelle economie avanzate, e questo non risparmierà l'oro nero. "Nel 2009 i prezzi petroliferi scenderanno facilmente sotto i 40 dollari, e potrebbero crollare anche a 30 dollari al barile", ha avvertito il capo economista di Global Insight, Nariman Behravesh. "Con le prospettive dell'economia reale che peggiorano giorno per giorno, i contratti futures sulle materie prime non hanno ancora pienamente assorbito la distruzione di domanda a cui si sta assistendo".





Roma | 17 dicembre 2008
Il petrolio ignora l'Opec e crolla sotto 40 dollari al barile

Le quotazioni del petrolio sono scese sotto i 40 dollari al barile per la prima volta dal luglio del 2004, ignorando il taglio di 2,2 milioni di barili al giorno da parte dell'Opec. Lo scrive la Bloomberg. Dopo aver toccato i 39,99 dollari, negli ultimi scambi il barile ha lievemente recuperato terreno, per chiudere a 40,15 dollari al barile, in perdita del 7,9%.

Nonostante il taglio alla produzione di petrolio deciso oggi dall'Opec la tendenza del prezzo del petrolio è prevista al ribasso. E' quanto si legge nel preconsuntivo petrolifero 2008 dell'Unione Petrolifera. "Le attese sul fronte dei prezzi - si legge nel rapporto - sono ancora fortemente ribassiste considerato che le politiche produttive dell'Opec sembrano non sortire alcun effetto. Dopo il taglio della produzione di 1,5 mln di barili al giorno deciso il 24 ottobre, anzichè recuperare i prezzi hanno infatti perso ulteriore terreno sino a scendere sotto i 40 dollari al barile".

Anche l'accordo raggiunto oggi ad Orano, di tagliare la produzione di 2,2 mln di barili al giorno, al momento non sembra aver avuto gli effetti sperati sui prezzi perché, secondo alcuni osservatori, tale taglio non sarebbe sufficiente a controbilanciare le attese di calo della domanda.

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