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Papa Benedetto XVI e Padre Pio e la Madonna di Fatima

Ultimo Aggiornamento: 22/06/2009 19:06
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Città: GANGI
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Sesso: Maschile
22/06/2009 19:06

Da San Giovanni Rotondo il Papa lancia un appello alla solidarietà di fronte al dramma dei rifugiati e dei giovani senza lavoro

La santità della via di padre Pio


 Benedetto XVI, appena giunto ieri, domenica 21, a San Giovanni Rotondo, si è inchinato davanti alle spoglie di padre Pio e ha pregato in profondo raccoglimento. Poi si è immerso nella realtà dei luoghi in cui tutto sembra parlare del santo del Gargano, e ha invitato tutti a non distogliere mai lo sguardo da quella figura di santo sacerdote, per "non correre il rischio dell'attivismo e della secolarizzazione", come ha detto ai frati cappuccini che ne custodiscono la memoria. Il Papa, ricordando all'Angelus la giornata dei rifugiati, ha chiesto di non dimenticare "quanti fuggono da situazioni di guerra" la cui accoglienza "è doverosa". Pensare padre Pio - ha aggiunto il Pontefice - per continuare a essere, come medici e infermieri che operano accanto ai malati, "riserve d'amore". Ai giovani ha chiesto di "non abbandonare mai la Chiesa" che mai li abbandonerà, perché condivide con loro la preoccupazione per il dramma della disoccupazione.
È tutto qui il senso di una giornata interamente dedicata a uno tra i più umili dei sacerdoti, capace tuttavia di percorrere sino alle più alte vette la via della santità, e che il Papa ha voluto additare, accanto al santo curato d'Ars, come modello per la celebrazione dell'Anno sacerdotale.
Una decina di ore Benedetto XVI ha trascorso sul colle del Gargano. Ma sono state ore dense di incontri e di insegnamenti. Durante l'omelia della messa celebrata sul sagrato della nuova chiesa dedicata a san Pio, soffermandosi sulla testimonianza resa da quell'umile e grande frate ha ricordato la sua lotta contro "lo spirito del male", ha riproposto il "binario" della sua esemplarità, costituito da preghiera e carità raccomandandone la sequela ai suoi frati. Non ha dimenticato le grandi questioni che scuotono il mondo e, prima di recitare l'Angelus, ha amplificato il senso della giornata che l'Onu ha dedicato ai rifugiati. Poi ha riservato la prima parte del pomeriggio all'incontro con i sofferenti, nel pronao dell'ospedale Casa Sollievo della Sofferenza. Li ha accostati al Cristo sofferente e, a chi li assiste, ha raccomandato di non smettere mai di amarli. Non poteva infine mancare l'incontro con i giovani. Erano mischiati con i religiosi e le religiose nella nuova chiesa di san Pio. Ha assicurato loro di aver "presenti i problemi che vi assillano" e che rischiano "di soffocare gli entusiasmi tipici della vostra giovinezza", in particolare il drammatico fenomeno della disoccupazione. Li ha esortati a non perdersi d'animo. A essere "giovani dal cuore grande" e a "mettersi alla scuola di Gesù". Poco prima aveva chiesto ai sacerdoti di "trovare nuovi canali" per evangelizzare gli uomini del nostro tempo, senza tuttavia dimenticare che "Cristo è lo stesso ieri e oggi e sempre".


(©L'Osservatore Romano - 22-23 giugno 2009)

Il cuore dei santi e la Chiesa


In tre giorni il Papa ha pregato davanti al cuore di due santi molto popolari e cari alla devozione cattolica moderna:  nella basilica vaticana inginocchiato dinanzi a quello di Jean-Marie Vianney, il curato d'Ars morto un secolo e mezzo fa e proclamato patrono dei parroci da Pio XI, e in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo di fronte al cuore di padre Pio, il cappuccino stimmatizzato del Gargano che davvero ha adunato intorno a sé una "clientela mondiale", come disse Paolo VI solo tre anni dopo la morte del frate.
Se persino nell'impoverito linguaggio comune contemporaneo il cuore indica quanto di più intimo e profondo vi è nella persona umana, tanto più significativa è la scelta di Benedetto XVI di venerare, secondo un'antica tradizione cristiana, il cuore dei santi. Nel contesto delle ricorrenze liturgiche del Sacro Cuore di Gesù e di quello della Vergine, all'inizio dell'anno che il Papa ha voluto dedicare ai sacerdoti e nel procedere delle sue visite in Italia, scandite quest'anno dalle figure di tre santi come Benedetto, Pio e Bonaventura.
Il senso di questa scelta simbolica appare chiaro:  è la santità, sulle orme di Cristo, la via da percorrere per riformare nel profondo, appunto nel cuore, la Chiesa e ogni persona umana. Il giorno di Pentecoste Benedetto XVI ha ricordato la presenza dello Spirito:  senza di lui infatti la Chiesa non sarebbe che un movimento storico, sia pure grande, magari una solida istituzione sociale, "forse una sorta di agenzia umanitaria". E a San Giovanni Rotondo il Papa ha di nuovo contrapposto ai "rischi dell'attivismo e della secolarizzazione" la via seguita da padre Pio:  semplicemente "ascoltare Cristo per compiere la volontà di Dio".
Dunque, aprire il cuore a Dio e alla sua misericordia. Sull'esempio - e qui Benedetto XVI si è rivolto in particolare ai preti, ma in senso più largo a ogni fedele - del curato d'Ars e di padre Pio, che compresero bene l'importanza nella loro vita della preghiera e della confessione, testimoniandole e mettendole a disposizione, senza stancarsi mai, di chi a loro si rivolgeva. Sono questi i modelli proposti nell'anno dedicato ai sacerdoti, in contesti sociali e culturali mutati, nei quali "si può essere presi da un certo scoraggiamento dinanzi all'affievolimento e persino all'abbandono della fede" nelle società secolarizzate e di fronte ai quali bisogna allora trovare "nuovi canali" per comunicare l'annuncio cristiano.
A San Giovanni Rotondo, alla lucidità consueta dell'analisi - ripetuta anche a proposito di fenomeni come quelli della disoccupazione o dell'accoglienza dei rifugiati, difficile, doverosa e da prevenire - il Papa ha affiancato una fiducia serena, a lui altrettanto abituale. La barca della Chiesa, così come quella di ogni persona umana, nel mare della vita e sull'oceano della storia, sono infatti spinte dal soffio dello Spirito, che purifica dai peccati ed è più forte di tutti i venti contrari. Spetta a ciascuno aprire il proprio cuore a questo soffio invisibile e potente che governa la Chiesa e le vicende umane.

g. m. v.



(©L'Osservatore Romano - 22-23 giugno 2009)

Nella messa celebrata sul sagrato della nuova chiesa a San Giovanni Rotondo
Benedetto XVI ricorda la testimonianza umana e spirituale di padre Pio

Preghiera e carità per non cadere nell'attivismo


Attivismo e secolarizzazione rischiano di far passare in secondo piano "la cosa veramente necessaria:  ascoltare Cristo per compiere la volontà di Dio". Un rischio dal quale il Papa - celebrando domenica mattina 21 giugno la messa sul sagrato della nuova chiesa di San Pio - ha messo in guardia soprattutto religiosi e laici impegnati nell'assistenza dei pellegrini e dei malati a San Giovanni Rotondo.

Cari fratelli e sorelle!
Nel cuore del mio pellegrinaggio in questo luogo, dove tutto parla della vita e della santità di Padre Pio da Pietrelcina, ho la gioia di celebrare per voi e con voi l'Eucaristia, mistero che ha costituito il centro di tutta la sua esistenza:  l'origine della sua vocazione, la forza della sua testimonianza, la consacrazione del suo sacrificio. Con grande affetto saluto tutti voi, qui convenuti numerosi, e quanti sono con noi collegati mediante la radio e la televisione. Saluto, in primo luogo, l'Arcivescovo Domenico Umberto D'Ambrosio, che, dopo anni di fedele servizio a questa Comunità diocesana, si appresta ad assumere la cura dell'Arcidiocesi di Lecce. Lo ringrazio cordialmente anche perché si è fatto interprete dei vostri sentimenti. Saluto gli altri Vescovi concelebranti. Un saluto speciale rivolgo ai Frati Cappuccini con il Ministro Generale, Fra Mauro Jöhri, il Definitorio Generale, il Ministro Provinciale, il Padre Guardiano del Convento, il Rettore del Santuario e la Fraternità Cappuccina di San Giovanni Rotondo. Saluto inoltre con riconoscenza quanti offrono il loro contributo nel servizio del Santuario e delle opere annesse; saluto le Autorità civili e militari; saluto i sacerdoti, i diaconi, gli altri religiosi e religiose e tutti i fedeli. Un pensiero affettuoso indirizzo a quanti sono nella Casa Sollievo della Sofferenza, alle persone sole e a tutti gli abitanti di questa vostra Città. 
Abbiamo appena ascoltato il Vangelo della tempesta sedata, al quale è stato accostato un breve ma incisivo testo del Libro di Giobbe, in cui Dio si rivela come il Signore del mare. Gesù minaccia il vento e ordina al mare di calmarsi, lo interpella come se esso si identificasse con il potere diabolico. In effetti, secondo quanto ci dicono la prima Lettura e il Salmo 106/107, il mare nella Bibbia è considerato un elemento minaccioso, caotico, potenzialmente distruttivo, che solo Dio, il Creatore, può dominare, governare e tacitare.
C'è però un'altra forza - una forza positiva - che muove il mondo, capace di trasformare e rinnovare le creature:  la forza dell'"amore del Cristo",         (2 Cor 5, 14) - come la chiama san Paolo nella Seconda Lettera ai Corinzi -:  non quindi essenzialmente una forza cosmica, bensì divina, trascendente. Agisce anche sul cosmo ma, in se stesso, l'amore di Cristo è un potere "altro", e questa sua alterità trascendente, il Signore l'ha manifestata nella sua Pasqua, nella "santità" della "via" da Lui scelta per liberarci dal dominio del male, come era avvenuto per l'esodo dall'Egitto, quando aveva fatto uscire gli Ebrei attraverso le acque del Mar Rosso. "O Dio - esclama il salmista -, santa è la tua via... Sul mare la tua via, / i tuoi sentieri sulle grandi acque" (Sal 77/76, 14.20). Nel mistero pasquale, Gesù è passato attraverso l'abisso della morte, poiché Dio ha voluto così rinnovare l'universo:  mediante la morte e risurrezione del suo Figlio "morto per tutti", perché tutti possano vivere "per colui che è morto e risorto per loro" (2 Cor 5, 16), e non vivano solo per se stessi.
Il gesto solenne di calmare il mare in tempesta è chiaramente segno della signoria di Cristo sulle potenze negative e induce a pensare alla sua divinità:  "Chi è dunque costui - si domandano stupiti e intimoriti i discepoli -, che anche il vento e il mare gli obbediscono?" (Mc 4, 41). La loro non è ancora fede salda, si sta formando; è un misto di paura e di fiducia; l'abbandono confidente di Gesù al Padre è invece totale e puro. Perciò, per questo potere dell'amore, Egli può dormire durante la tempesta, completamente sicuro nelle braccia di Dio. Ma verrà il momento in cui anche Gesù proverà paura e angoscia:  quando verrà la sua ora, sentirà su di sé tutto il peso dei peccati dell'umanità, come un'onda di piena che sta per rovesciarsi su di Lui. Quella sì, sarà una tempesta terribile, non cosmica, ma spirituale. Sarà l'ultimo, estremo assalto del male contro il Figlio di Dio.
Ma in quell'ora Gesù non dubitò del potere di Dio Padre e della sua vicinanza, anche se dovette sperimentare pienamente la distanza dell'odio dall'amore, della menzogna dalla verità, del peccato dalla grazia. Sperimentò questo dramma in se stesso in maniera lacerante, specialmente nel Getsemani, prima dell'arresto, e poi durante tutta la passione, fino alla morte in croce. In quell'ora, Gesù da una parte fu un tutt'uno con il Padre, pienamente abbandonato a Lui; dall'altra, in quanto solidale con i peccatori, fu come separato e si sentì come abbandonato da Lui.
Alcuni Santi hanno vissuto intensamente e personalmente questa esperienza di Gesù. Padre Pio da Pietrelcina è uno di loro. Un uomo semplice, di origini umili, "afferrato da Cristo" (Fil 3, 12) - come scrive di sé l'apostolo Paolo - per farne uno strumento eletto del potere perenne della sua Croce:  potere di amore per le anime, di perdono e di riconciliazione, di paternità spirituale, di solidarietà fattiva con i sofferenti. Le stigmate, che lo segnarono nel corpo, lo unirono intimamente al Crocifisso-Risorto. Autentico seguace di san Francesco d'Assisi, fece propria, come il Poverello, l'esperienza dell'apostolo Paolo, così come egli la descrive nelle sue Lettere:  "Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me" (Gal 2, 20); oppure:  "In noi agisce la morte, in voi la vita" (2 Cor 5, 12). Questo non significa alienazione, perdita della personalità:  Dio non annulla mai l'umano, ma lo trasforma con il suo Spirito e lo orienta al servizio del suo disegno di salvezza. Padre Pio conservò i propri doni naturali, e anche il proprio temperamento, ma offrì ogni cosa a Dio, che ha potuto servirsene liberamente per prolungare l'opera di Cristo:  annunciare il Vangelo, rimettere i peccati e guarire i malati nel corpo e nello spirito.
Come è stato per Gesù, la vera lotta, il combattimento radicale Padre Pio ha dovuto sostenerli non contro nemici terreni, bensì contro lo spirito del male (cfr. Ef 6, 12). Le più grandi "tempeste" che lo minacciavano erano gli assalti del diavolo, dai quali egli si difese con "l'armatura di Dio", con "lo scudo della fede" e "la spada dello Spirito, che è la parola di Dio" (Ef 6, 11.16.17). Rimanendo unito a Gesù, egli ha avuto sempre di mira la profondità del dramma umano, e per questo si è offerto e ha offerto le sue tante sofferenze, ed ha saputo spendersi per la cura ed il sollievo dei malati, segno privilegiato della misericordia di Dio, del suo Regno che viene, anzi, che è già nel mondo, della vittoria dell'amore e della vita sul peccato e sulla morte. Guidare le anime e alleviare la sofferenza:  così si può riassumere la missione di san Pio da Pietrelcina, come ebbe a dire di lui anche il servo di Dio, il Papa Paolo VI:  "Era un uomo di preghiera e di sofferenza" (Ai Padri Capitolari Cappuccini, 20 febbraio 1971).
Cari amici, Frati Minori Cappuccini, membri dei Gruppi di preghiera e fedeli tutti di San Giovanni Rotondo, voi siete gli eredi di Padre Pio e l'eredità che vi ha lasciato è la santità. In una sua lettera scrive:  "Sembra che Gesù non abbia altra cura per le mani se non quella di santificare l'anima vostra" (Epist. ii, p. 155). Questa era sempre la sua prima preoccupazione, la sua ansia sacerdotale e paterna:  che le persone ritornassero a Dio, che potessero sperimentare la sua misericordia e, interiormente rinnovate, riscoprissero la bellezza e la gioia di essere cristiani, di vivere in comunione con Gesù, di appartenere alla sua Chiesa e praticare il Vangelo. Padre Pio attirava sulla via della santità con la sua stessa testimonianza, indicando con l'esempio il "binario" che ad essa conduce:  la preghiera e la carità. 
Prima di tutto la preghiera. Come tutti i grandi uomini di Dio, Padre Pio era diventato lui stesso preghiera, anima e corpo. Le sue giornate erano un rosario vissuto, cioè una continua meditazione e assimilazione dei misteri di Cristo in unione spirituale con la Vergine Maria. Si spiega così la singolare compresenza in lui di doni soprannaturali e di concretezza umana. E tutto aveva il suo culmine nella celebrazione della santa Messa:  lì egli si univa pienamente al Signore morto e risorto. Dalla preghiera, come da fonte sempre viva, sgorgava la carità. L'amore che egli portava nel cuore e trasmetteva agli altri era pieno di tenerezza, sempre attento alle situazioni reali delle persone e delle famiglie. Specialmente verso i malati e i sofferenti nutriva la predilezione del Cuore di Cristo, e proprio da questa ha preso origine e forma il progetto di una grande opera dedicata al "sollievo della sofferenza". Non si può capire né interpretare adeguatamente tale istituzione se la si scinde dalla sua fonte ispiratrice, che è la carità evangelica, animata a sua volta dalla preghiera.
Tutto questo, carissimi, Padre Pio ripropone oggi alla nostra attenzione. I rischi dell'attivismo e della secolarizzazione sono sempre presenti; perciò la mia visita ha anche lo scopo di confermarvi nella fedeltà alla missione ereditata dal vostro amatissimo Padre. Molti di voi, religiosi, religiose e laici, siete talmente presi dalle mille incombenze richieste dal servizio ai pellegrini, oppure ai malati nell'ospedale, da correre il rischio di trascurare la cosa veramente necessaria:  ascoltare Cristo per compiere la volontà di Dio. Quando vi accorgete che siete vicini a correre questo rischio, guardate a Padre Pio:  al suo esempio, alle sue sofferenze; e invocate la sua intercessione, perché vi ottenga dal Signore la luce e la forza di cui avete bisogno per proseguire la sua stessa missione intrisa di amore per Dio e di carità fraterna. E dal cielo continui egli ad esercitare quella squisita paternità spirituale che lo ha contraddistinto durante l'esistenza terrena; continui ad accompagnare i suoi confratelli, i suoi figli spirituali e l'intera opera che ha iniziato. Insieme a san Francesco, e alla Madonna, che ha tanto amato e fatto amare in questo mondo, vegli su voi tutti e sempre vi protegga. Ed allora, anche nelle tempeste che possono alzarsi improvvise, potrete sperimentare il soffio dello Spirito Santo che è più forte di ogni vento contrario e spinge la barca della Chiesa ed ognuno di noi. Ecco perché dobbiamo vivere sempre nella serenità e coltivare nel cuore la gioia rendendo grazie al Signore. "Il suo amore è per sempre" (Salmo resp.). Amen!


(©L'Osservatore Romano - 22-23 giugno 2009)

Durante l'Angelus al termine della celebrazione eucaristica

Il Papa affida a san Pio da Pietrelcina
l'Anno sacerdotale


Il Papa ha affidato all'intercessione di san Pio da Pietrelcina l'Anno sacerdotale inaugurato venerdì scorso. Lo ha fatto all'Angelus recitato al termine della messa a San Giovanni Rotondo, rivolgendo anche un appello all'accoglienza dei rifugiati. 

Cari fratelli e sorelle,
al termine di questa solenne Celebrazione, vi invito a recitare con me - come ogni domenica - la preghiera mariana dell'Angelus. Ma qui, nel santuario di san Pio da Pietrelcina, ci sembra di sentire la sua stessa voce, che ci esorta a rivolgerci con cuore di figli alla Vergine Santa:  "Amate la Madonna e fatela amare". Così egli ripeteva a tutti, e più delle parole valeva la testimonianza esemplare della sua profonda devozione alla Madre celeste. Battezzato nella chiesa di Santa Maria degli Angeli di Pietrelcina col nome di Francesco, come il Poverello di Assisi nutrì sempre per la Vergine un amore tenerissimo. La Provvidenza lo condusse poi qui, a San Giovanni Rotondo, presso il Santuario di Santa Maria della Grazie, dove è rimasto fino alla morte e dove riposano le sue spoglie mortali. Tutta la sua vita e il suo apostolato si sono svolti dunque sotto lo sguardo materno della Madonna e con la potenza della sua intercessione. Anche la Casa Sollievo della Sofferenza egli la considerava opera di Maria, "Salute dei malati". Pertanto, cari amici, sull'esempio di Padre Pio, anch'io oggi voglio affidarvi tutti alla materna protezione della Madre di Dio. In modo particolare la invoco per la comunità dei Frati Cappuccini, per i malati dell'Ospedale e per quanti con amore se ne prendono cura, come pure per i Gruppi di Preghiera che portano avanti in Italia e nel mondo la consegna spirituale del Santo fondatore.
All'intercessione della Madonna e di san Pio da Pietrelcina vorrei affidare in modo speciale l'Anno Sacerdotale, che ho inaugurato venerdì scorso, Solennità del Sacro Cuore di Gesù. Sia esso un'occasione privilegiata per porre in luce il valore della missione e della santità dei sacerdoti al servizio della Chiesa e dell'umanità del terzo millennio!
Preghiamo quest'oggi anche per la situazione difficile e talora drammatica dei rifugiati. Si è celebrata proprio ieri la Giornata Mondiale del Rifugiato, promossa dalle Nazioni Unite. Molte sono le persone che cercano rifugio in altri Paesi fuggendo da situazioni di guerra, persecuzione e calamità, e la loro accoglienza pone non poche difficoltà, ma è tuttavia doverosa. Voglia Iddio che, con l'impegno di tutti, si riesca il più possibile a rimuovere le cause di un fenomeno tanto triste.
Con grande affetto saluto tutti i pellegrini qui convenuti. Esprimo la mia riconoscenza alle Autorità civili e a quanti hanno collaborato alla preparazione della mia visita. Grazie di cuore! A tutti ripeto:  camminate sulla via che Padre Pio vi ha indicato, la via della santità secondo il Vangelo del nostro Signore Gesù Cristo. Su questa via vi precederà sempre la Vergine Maria, e con mano materna vi guiderà alla patria celeste.

Al termine della preghiera mariana il Papa ha voluto rivolgere un messaggio particolare ai fedeli di lingua polacca per ricordare le celebrazioni del millenario di san Bruno di Querfurt che si sono svolte a Lomza e a Gizycko dal 19 al 21 giugno.

In Polonia si celebra oggi il millennio del martirio di san Bruno di Querfurt, perciò ho un messaggio per i fedeli polacchi.
Z San Giovanni Rotondo, z Sanktuarium swietego Ojca Pio z Pietrelciny, pozdrawiam serdecznie Polaków, a szczególnie uczestników uroczystosci milenijnych ku czci swietego Brunona z Kwerfurtu, meczennika, którzy dzisiaj w Gizycku dziekuja Bogu za dar wiary przyniesiony przez tego wielkiego Misjonarza. Niech jego starania o dobre relacje miedzy narodami owocuja duchem zgody i bliskosci oraz gorliwoscia serc w gloszeniu Ewangelii. Z serca wszystkim blogoslawie.
[Da San Giovanni Rotondo, presso il Santuario di San Pio da Pietrelcina, saluto cordialmente i Polacchi, particolarmente i partecipanti al millenario del martirio di san Bruno di Querfurt che oggi, a Gizycko, ringraziano Dio per il dono della fede portata da questo grande Missionario. Che il suo sforzo in favore dei buoni rapporti tra le nazioni fruttifichi nella loro concordia e nello zelo per l'annuncio del Vangelo. Tutti vi benedico di cuore.]


(©L'Osservatore Romano - 22-23 giugno 2009)

I saluti del sindaco e dell'arcivescovo

San Giovanni Rotondo
sarà gemellata
con Marktl am Inn


Giunto sul sagrato del santuario di San Giovanni Rotondo, Benedetto XVI è stato salutato dal sindaco Gennaro Giuliani e dall'arcivescovo D'Ambrosio. Ecco le parole del primo cittadino.

Santità,
la comunità di San Giovanni Rotondo, stringendosi all'arcivescovo D'Ambrosio e ai Frati Cappuccini, si presenta giubilante al Sommo Pontefice come una grande famiglia spirituale, unita nel nome di san Pio e stretta attorno al Pastore della Chiesa universale. 
Oggi, a San Giovanni Rotondo, su questo sagrato, a pochi passi dal luogo dove visse e operò il Frate Cappuccino possiamo unirci in preghiera all'apostolo Pietro, rinnovando la nostra unità:  "Tu es Petrus, et portae inferi non praevalebunt adversum eam"; e possiamo indirizzare il nostro pensiero all'esempio di san Pio, simbolo di obbedienza e di totale dedizione alla Fede.
Vostra Santità, due giorni fa, nella solennità del Sacro Cuore di Gesù ha aperto l'Anno sacerdotale nella prospettiva di far percepire sempre più l'importanza del ruolo e della missione del sacerdote nella Chiesa e nella società contemporanee.
Un'umile cella e un minuscolo confessionale hanno fatto la Storia. Ma sono anche i luoghi in cui si è potuto irradiare il Concilio, grazie alla "semplicità sacerdotale" di un Frate che di sé stesso diceva "sono un umile prete" e che ha saputo anticipare nelle sue opere e nel suo servizio quanto ribadito da Giovanni Paolo II per l'inizio del Terzo millennio:  "Un tempo segnato dalla centralità di Cristo nella storia e nella vita di ogni uomo".
San Giovanni Rotondo è "città dell'accoglienza e della riconciliazione" perché è solida nella fede e nella sua missione di aiuto al prossimo, avendo saputo porsi con passione al servizio dell'uomo.
Siamo "un popolo generoso", come amava ricordarci, nelle sue assidue preghiere, padre Pio, implorando per i sangiovannesi pace e prosperità quale segno della sua predilezione.
Oggi, grazie alla presenza di Vostra Santità, San Giovanni Rotondo sta vivendo un giorno fatto dal Signore. Oggi, il calore che i sangiovannesi hanno saputo riservare a padre Pio è tutto per Vostra Santità.
Il popolo di San Giovanni Rotondo è pronto a seguire il Pastore della Chiesa universale con il cuore rinnovato a una gioiosa speranza e a una profonda gratitudine. Per questo, dopo la città di Wadowice, luogo natio di Papa Wojtyla, la nostra comunità sarà presto gemellata con Marktl am Inn, città natale di Vostra Santità, per condividere l'impegno al servizio della verità.

Questo il benvenuto del presule.

Beatissimo Padre,
siamo oggi in tanti, quasi una moltitudine immensa di ogni lingua e nazione a benedire e lodare il Signore per il dono della sua visita e della sua presenza. San Giovanni Rotondo, città posta sul monte, da poco meno di cento anni vede un numero sempre più crescente di uomini e donne che qui salgono, attratti dal carisma e dalla santità di padre Pio da Pietrelcina, "al quale - come lei ci ha ricordato nella memorabile udienza del 14 ottobre 2006 in piazza San Pietro - Dio ha affidato il perenne messaggio del suo amore crocifisso per l'intera umanità".
Ventidue anni fa il servo di Dio Giovanni Paolo II ci ha detto che questa città di San Giovanni Rotondo "sta vedendo da un po' di tempo un giorno fatto dal Signore che ci chiama ad essere sempre degni della testimonianza qui data da padre Pio". Oggi con gioia grande accogliamo lei, Padre Santo, venuto a confermare i fratelli nella fede nel Cristo crocifisso e risorto, volto della misericordia del Padre che in questo luogo per cinquantadue anni è stato rivelato da un povero Frate che pregava, soffriva e con il ministero del perdono, toglieva i peccati del mondo.
Abbiamo desiderato e atteso con l'impazienza affettuosa dei figli la sua venuta, Santità. Le siamo immensamente grati e vogliamo vivere questo giorno santo sostenuti, rafforzati e liberati dalle tante paure e incertezze che ci fanno talvolta dubitare come gli Apostoli nelle tempeste della vita e gridare:  Signore e Maestro, non t'importa che moriamo? Non abbiamo ancora fede. Ci guidi e ci confermi nella forte adesione e fiducia a Colui, Cristo Gesù, il solo che può annullare ogni nostra paura.
Padre Santo, a nome dell'intera Chiesa di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, dei confratelli di san Pio da Pietrelcina, i cari Padri Cappuccini, dell'immensa schiera di devoti e figli spirituali del nostro santo, dei gruppi di preghiera di san Pio, della grande comunità di San Giovanni Rotondo qui presente in tutte le sue espressioni, "vi offriamo - come scriveva padre Pio al servo di Dio Paolo VI - la nostra preghiera e sofferenza quotidiana, quale piccolo ma sincero pensiero degli ultimi dei vostri figli, affinché il Signore vi conforti con la sua grazia per continuare il diritto e faticoso cammino, nella difesa dell'eterna verità, che mai si cambia col mutare dei tempi".
Il Signore la protegga e la sostenga nel suo ministero di Pastore della Chiesa universale. Le doni forza e luce, sapienza e intelligenza per guidare tutti noi, redenti dal Signore, sulla via santa. Grazie, Beatissimo Padre, ci benedica.


(©L'Osservatore Romano - 22-23 giugno 2009)

Nella città dell'accoglienza e della pace


dal nostro inviato Mario Ponzi

Nella "città dell'accoglienza e della pace", forgiata dalla spiritualità di padre Pio, l'asceta del mezzogiorno che parlava in dialetto, il Papa ha rivolto il suo pensiero a chi pace e accoglienza mendica sulle vie del mondo, nel tentativo di scampare alla sofferenza causata dalla violenza della guerra:  i rifugiati. Aveva da poco concluso la celebrazione della messa sul sagrato della bella chiesa dedicata a san Pio, nella cittadina sul colle del Gargano dove ogni pietra parla del santo stigmatizzato, San Giovanni Rotondo; prima della benedizione, invitando a recitare l'Angelus, Benedetto XVI ha ricordato la ricorrenza della giornata dedicata dall'Onu proprio ai rifugiati e ha riproposto "la drammatica situazione" di quanti sono costretti a fuggire dalle loro case. E da quell'altare, innalzato dirimpetto all'ospedale voluto da padre Pio, ha ribadito che l'accoglienza "è doverosa" anche se "pone delle difficoltà". Ha invocato l'impegno di tutti per "rimuovere le cause di un fenomeno tanto triste".
In una giornata interamente dedicata a un frate umile ma dai forti umori meridionali, talvolta scontrosi ma sempre capaci di calamitare l'attenzione del mondo predicando la pace, l'accoglienza e l'attenzione per chi soffre, il Papa dunque ha gettato lo sguardo oltre il colle e ha dilatato la preghiera di una popolazione che ha confidenza con chi soffre ed è incline alla preghiera. E la preghiera è stata, ancora una volta, protagonista di un evento straordinario, pur nell'ordinarietà di una cittadina abituata alle grandi folle. Ha scandito le giornate in attesa della visita di Benedetto XVI; ha accompagnato le ore della vigilia; si è trasformata in coro, unita a quella del Papa nei luoghi che hanno visto la testimonianza di uno dei sacerdoti tra i più umili, più remissivi, e anche tra i più incompresi e osteggiati, derisi e umiliati, capace tuttavia di soffrire per la Chiesa e a causa della Chiesa.
Ed è stata festa grande, nonostante il maltempo abbia provato, sin dalla sera della vigilia, a metterla in forse, tanto da far prima saltare la veglia di preghiera organizzata dai giovani e poi costringere una schiera di fiorai a rifare l'intero addobbo floreale della città, letteralmente devastato da una violenta grandinata. Solo piccoli cambiamenti di programma, invece, per la visita del Papa:  partenza in aereo da Ciampino anziché in elicottero e arrivo a San Giovanni Rotondo con una manciata di minuti di ritardo, rispetto al tabellino di marcia, per il saluto alle autorità presso il campo sportivo Antonio Massa, dove, con l'arcivescovo Domenico Umberto D'Ambrosio, erano ad attenderlo l'arcivescovo Giuseppe Bertello, nunzio apostolico in Italia, l'ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede Antonio Zanardi Landi, il ministro per gli affari regionali Raffaele Fitto in rappresentanza del Governo italiano, il presidente della regione Puglia Nichi Vendola e il sindaco Gennaro Giuliani.
Tra due ali di folla, a stento trattenute da oltre cinque chilometri di transenne, il Papa ha raggiunto la piazza sulla quale si affacciano il santuario, l'antica e la nuovissima chiesa dominate da Casa Sollievo della Sofferenza, quasi in cima al colle. Tra i tanti striscioni esposti lungo il percorso la testimonianza della confidenza della cittadina con il Papa:  alcuni recavano ancora la scritta "Totus tuus", vecchi di almeno ventidue anni erano stati dedicati a Giovanni Paolo II in visita nel 1987.
Appena il tempo di accogliere le parole di saluto dell'arcivescovo e del sindaco, poi il Papa si è dedicato a padre Pio. Ha sostato con commozione nella sua cella, dove sono ancora conservate persino le bombole d'ossigeno che lo hanno aiutato a respirare gli ultimi giorni di vita. Sulla spalliera del letto il quadro della Madonna; ai piedi del letto le sue scarpe. Si è raccolto in preghiera nella cripta che ospita, esposto, il corpo del santo; ha venerato la reliquia del cuore e acceso due lampade a perenne ricordo delle visite degli ultimi due pontefici, la sua e quella di Giovanni Paolo II. Poi è risalito e nella sacrestia si è chinato su un fraticello di novantadue anni, che lo attendeva sulla sedia a rotelle sulla quale passa ormai i suoi giorni. Era fra Modestino, frate laico molto amico di padre Pio. Lo ha sempre affiancato, sino all'ultimo respiro; ha raccolto molte delle sue confidenze. Le custodisce gelosamente nel cuore. Il Papa lo ha teneramente accarezzato. In una sala attigua ha poi incontrato i parenti di padre Pio. La nipote Pia Forgione, figlia di Michele, il fratello di padre Pio, con i figli e i nipoti.
La celebrazione della messa ha avuto luogo sul sagrato della chiesa nuova di San Pio. Con il Papa, oltre all'arcivescovo D'Ambrosio, hanno concelebrato i cardinali Tarcisio Bertone, segretario di Stato, e Salvatore De Giorgi, pugliese d'origine; gli arcivescovi Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, il nunzio Bertello, il prefetto della Casa Pontificia, James Michael Harvey; il vescovo Paolo de Nicolò, reggente della Prefettura, i presuli della Puglia, la comunità dei frati cappuccini con il ministro generale, padre Mauro Jöhri, e numerosi altri sacerdoti diocesani. Almeno cinquantamila i fedeli che hanno partecipato alla celebrazione. Venivano da diverse parti del mondo, i più lontani da Singapore, altri dagli Stati Uniti, altri ancora dalla Germania. I più numerosi dalla Polonia. Sono giunti con ogni mezzo e per tutta la giornata di sabato hanno continuato a sbarcare a centinaia da pullman saliti al colle, arrancando a passo d'uomo, sui tornanti. Per la maggior parte si trattava di appartenenti ai gruppi di preghiera padre Pio, diffusi in tutto il mondo. Molti erano semplici fedeli che, al programmato pellegrinaggio, hanno visto aggiungersi la gioia dell'incontro con il Papa. Ed erano tutti lì alla messa sulla piazza. Una massa composta. Caratterizzata dal giallo e dal bianco delle migliaia di cappellini distribuiti dall'organizzazione. E compatti si sono mostrati nella preghiera e nell'alternarsi nel canto con una corale imponente. Guidata dall'orchestra sinfonica del conservatorio Piccinni di Bari, era composta dai cori di Lucera, di Foggia, di Bellizzi, di San Giovanni Rotondo e della fondazione Lirico-sinfonica Petruzzelli di Bari.
Il Papa ha celebrato con un calice che era solito usare padre Pio e con il quale aveva già celebrato la messa Giovanni Paolo II. L'altare, collocato su un palco bianco, era decorato dai mosaici di padre Marko Ivan Rupnik. Sulla sinistra era stato collocato il quadro raffigurante la Madonna delle Grazie, una tela del 1500 che ordinariamente si trova al centro dell'altare maggiore della chiesetta antica del convento. Poco più avanti il reliquiario con il cuore di padre Pio.
Al momento della comunione, mentre decine e decine di ombrelli bianchi disseminati sulla piazza indicavano i sacerdoti scesi tra i fedeli, il Papa la distribuiva a un centinaio di persone. Tra i primi un pronipote di padre Pio e una famiglia di terremotati dell'Aquila che hanno scelto di tornare a vivere nel loro luogo d'origine dopo la tragedia di aprile.
Al termine della messa un momento di familiarità vissuto con i ministranti. Il Papa, dismessi i paramenti liturgici, li ha salutati a uno a uno. A presentarli l'arcivescovo D'Ambrosio. Indicando un giovane chierico, il presule ha detto confidenzialmente al Papa:  "Santità, gli faccia gli auguri:  oggi è san Luigi e lui si chiama Luigi". Il Papa prima gli ha sorriso, stretto la sua mano e fatto gli auguri; ma poi, trattenendolo, gli ha detto:  "Ora fammi tu gli auguri perché il mio secondo nome è Luigi".
L'arrivo a Casa Sollievo della Sofferenza per il pranzo e un momento di riposo, è avvenuto sotto un vero e proprio diluvio. La tregua del maltempo è durata infatti solo lo spazio - e non è stato poco - della messa.


(©L'Osservatore Romano - 22-23 giugno 2009)

L'incontro con il personale e i degenti di Casa sollievo della sofferenza

Malati e medici
sono riserve di amore


"Essere riserve di amore":  la missione che padre Pio aveva affidato a medici e ammalati di Casa sollievo della sofferenza è stata riproposta da Benedetto XVI durante l'incontro svoltosi nel pomeriggio di domenica 21 giugno, dinanzi all'ingresso del complesso ospedaliero.

Cari fratelli e sorelle,
cari ammalati,
in questa mia visita a San Giovanni Rotondo, non poteva mancare una sosta nella Casa Sollievo della Sofferenza, ideata e voluta da san Pio da Pietrelcina quale "luogo di preghiera e di scienza dove il genere umano si ritrovi in Cristo Crocifisso come un solo gregge con un solo pastore". Proprio per questo volle affidarla al sostegno materiale e soprattutto spirituale dei Gruppi di Preghiera, che qui hanno il centro della loro missione al servizio della Chiesa. Padre Pio voleva che in questa attrezzata struttura sanitaria si potesse toccare con mano che l'impegno della scienza nel curare il malato non deve mai disgiungersi da una filiale fiducia verso Dio, infinitamente tenero e misericordioso. Inaugurandola, il 5 maggio del 1956, la definì "creatura della Provvidenza" e parlava di questa istituzione come di "un seme deposto da Dio sulla terra, che Egli riscalderà con i raggi del suo amore". 
Eccomi, dunque, tra voi per ringraziare Iddio per il bene che, da più di cinquant'anni, fedeli alle direttive di un umile Frate Cappuccino, voi fate in questa "Casa Sollievo della Sofferenza", con riconosciuti risultati sul piano scientifico e medico. Non mi è purtroppo possibile, come pur desidererei, visitarne ogni padiglione e salutare uno ad uno i degenti insieme a coloro che di essi si prendono cura. Mi preme però far giungere a ciascuno - malati, medici, familiari, operatori sanitari e pastorali - una parola di paterno conforto e di incoraggiamento a proseguire insieme quest'opera evangelica a sollievo della vita sofferente, valorizzando ogni risorsa per il bene umano e spirituale degli ammalati e dei loro familiari.
Con questi sentimenti, saluto cordialmente voi tutti, a cominciare da voi, fratelli e sorelle che siete provati dalla malattia. Saluto poi i medici, gli infermieri e il personale sanitario ed amministrativo. Saluto voi, venerati Padri Cappuccini, che, come Cappellani, proseguite l'apostolato del vostro santo Confratello. Saluto i Presuli e, in primo luogo, l'Arcivescovo Domenico Umberto D'Ambrosio, già Pastore di questa Diocesi e ora chiamato a guidare la comunità arcidiocesana di Lecce; gli sono grato per le parole che mi ha voluto indirizzare a vostro nome. Saluto poi, il Direttore Generale dell'Ospedale, il Dottor Domenico Crupi, e il rappresentante degli ammalati, e sono riconoscente per le gentili e cordiali espressioni che essi mi hanno poc'anzi rivolto, permettendomi di meglio conoscere quanto qui viene compiuto e lo spirito con cui voi lo realizzate.
Ogni volta che si entra in un luogo di cura, il pensiero va naturalmente al mistero della malattia e del dolore, alla speranza della guarigione e al valore inestimabile della salute, di cui ci si rende conto spesso soltanto allorché essa viene a mancare. Negli ospedali si tocca con mano la preziosità della nostra esistenza, ma anche la sua fragilità. Seguendo l'esempio di Gesù, che percorreva tutta la Galilea, "curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo" (Mt 4, 23), la Chiesa, fin dalle sue origini, mossa dallo Spirito Santo, ha considerato un proprio dovere e privilegio stare accanto a chi soffre, coltivando un'attenzione preferenziale per i malati.
La malattia, che si manifesta in tante forme e colpisce in modi diversi, suscita inquietanti domande:  Perché soffriamo? Può ritenersi positiva l'esperienza del dolore? Chi ci può liberare dalla sofferenza e dalla morte? Interrogativi esistenziali, che restano umanamente il più delle volte senza risposta, dato che il soffrire costituisce un enigma imperscrutabile alla ragione. La sofferenza fa parte del mistero stesso della persona umana. È quanto ho sottolineato nell'Enciclica Spe salvi, notando che "essa deriva, da una parte, dalla nostra finitezza, dall'altra, dalla massa di colpa che, nel corso della storia si è accumulata e anche nel presente cresce in modo inarrestabile". Ed ho aggiunto che "certamente bisogna fare tutto il possibile per diminuire la sofferenza... ma eliminarla completamente dal mondo non sta nelle nostre possibilità semplicemente perché... nessuno di noi è in grado di eliminare il potere del male... continuamente fonte di sofferenza" (cfr. n. 36).
Chi può eliminare il potere del male è solo Dio. Proprio per il fatto che Gesù Cristo è venuto nel mondo per rivelarci il disegno divino della nostra salvezza, la fede ci aiuta a penetrare il senso di tutto l'umano e quindi anche del soffrire. Esiste, quindi, un'intima relazione fra la Croce di Gesù - simbolo del supremo dolore e prezzo della nostra vera libertà - e il nostro dolore, che si trasforma e si sublima quando è vissuto nella consapevolezza della vicinanza e della solidarietà di Dio. Padre Pio aveva intuito tale profonda verità e, nel primo anniversario dell'inaugurazione di quest'Opera, ebbe a dire che in essa "il sofferente deve vivere l'amore di Dio per mezzo della saggia accettazione dei suoi dolori, della serena meditazione del suo destino a Lui" (Discorso del 5 maggio 1957). Annotava ancora che nella Casa Sollievo "ricoverati, medici, sacerdoti saranno riserve di amore, che tanto più sarà abbondante in uno, tanto più si comunicherà agli altri" (ibid.).
Essere "riserve di amore":  Ecco, cari fratelli e sorelle, la missione che questa sera il nostro Santo richiama a voi, che a vario titolo formate la grande famiglia di questa Casa Sollievo della Sofferenza. Il Signore vi aiuti a realizzare il progetto avviato da Padre Pio con l'apporto di tutti:  dei medici e dei ricercatori scientifici, degli operatori sanitari e dei collaboratori dei vari uffici, dei volontari e dei benefattori, dei Frati Cappuccini e degli altri Sacerdoti. Senza dimenticare i gruppi di preghiera che, "affiancati alla Casa del Sollievo, sono le posizioni avanzate di questa Cittadella della carità, vivai di fede, focolai d'amore" (Padre Pio, Discorso del 5 maggio 1966). Su tutti e ciascuno invoco l'intercessione di Padre Pio e la materna protezione di Maria, Salute dei malati. Grazie ancora per la vostra accoglienza e, mentre assicuro la mia preghiera per ciascuno di voi, di cuore tutti vi benedico.


(©L'Osservatore Romano - 22-23 giugno 2009)

Nella nuova chiesa di San Pio il Papa incontra i sacerdoti, i religiosi, le religiose e migliaia di ragazzi e ragazze

La Chiesa non abbandona i giovani
che vivono il dramma della disoccupazione


La mancanza di lavoro è una realtà "che interessa in maniera drammatica non pochi giovani e ragazze del Mezzogiorno d'Italia". Lo ha sottolineato il Papa rivolgendosi alle migliaia di giovani riuniti domenica pomeriggio, 21 giugno, nella nuova chiesa di San Pio da Pietrelcina insieme con i sacerdoti, i religiosi e le religiose di San Giovanni Rotondo.

Cari sacerdoti,
cari religiosi e religiose,
cari giovani,
con questo nostro incontro si chiude il mio pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo. Sono grato all'Arcivescovo di Lecce, Amministratore Apostolico di questa Diocesi, Mons. Domenico Umberto D'Ambrosio, e al Padre Mauro Jöhri, Ministro Generale dei Frati Minori Cappuccini, per le parole di cordiale benvenuto che mi hanno rivolto a nome vostro. Il mio saluto si volge ora a voi, cari sacerdoti, che siete ogni giorno impegnati al servizio del popolo di Dio come guide sagge e assidui operai nella vigna del Signore. Saluto con affetto anche le care persone consacrate, chiamate ad offrire una testimonianza di totale dedizione a Cristo mediante la fedele pratica dei consigli evangelici. Un pensiero speciale per voi, cari Frati Cappuccini, che curate con amore questa oasi di spiritualità e di solidarietà evangelica, accogliendo pellegrini e devoti richiamati dalla viva memoria del vostro santo confratello Padre Pio da Pietrelcina. Grazie di cuore per questo prezioso servizio che rendete alla Chiesa e alle anime che qui riscoprono la bellezza della fede e il calore della tenerezza divina. Saluto voi, cari giovani, ai quali il Papa guarda con fiducia come al futuro della Chiesa e della società. Qui, a San Giovanni Rotondo, tutto parla della santità di un umile frate e zelante sacerdote, che questa sera, invita anche noi ad aprire il cuore alla misericordia di Dio; ci esorta ad essere santi, cioè sinceri e veri amici di Gesù. E grazie delle parole dei vostri giovani rappresentanti. 
Cari sacerdoti, proprio l'altro ieri, solennità del Sacro Cuore di Gesù e Giornata di santità sacerdotale, abbiamo iniziato l'Anno Sacerdotale, durante il quale ricorderemo con venerazione ed affetto il 150 anniversario della morte di san Giovanni Maria Vianney, il santo Curato d'Ars. Nella lettera che ho scritto per l'occasione, ho voluto sottolineare quanto sia importante la santità dei sacerdoti per la vita e la missione della Chiesa. Come il Curato d'Ars, anche Padre Pio ci ricorda la dignità e la responsabilità del ministero sacerdotale. Chi non restava colpito dal fervore con cui egli riviveva la Passione di Cristo in ogni celebrazione eucaristica? Dall'amore per l'Eucaristia scaturiva in lui come nel Curato d'Ars una totale disponibilità all'accoglienza dei fedeli, soprattutto dei peccatori. Inoltre, se san Giovanni Maria Vianney, in un'epoca tormentata e difficile, cercò in ogni modo, di far riscoprire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della penitenza sacramentale, per il santo Frate del Gargano, la cura delle anime e la conversione dei peccatori furono un anelito che lo consumò fino alla morte. Quante persone hanno cambiato vita grazie al suo paziente ministero sacerdotale; quante lunghe ore egli trascorreva in confessionale! Come per il Curato d'Ars, è proprio il ministero di confessore a costituire il maggior titolo di gloria e il tratto distintivo di questo santo Cappuccino. Come allora non renderci conto dell'importanza di partecipare devotamente alla celebrazione eucaristica e di accostarsi frequentemente al sacramento della Confessione? In particolare, il sacramento della Penitenza va ancor più valorizzato, e i sacerdoti non dovrebbero mai rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali né limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli per questa straordinaria fonte di serenità e di pace.
C'è poi un altro grande insegnamento che possiamo trarre dalla vita di Padre Pio:  il valore e la necessità della preghiera. A chi gli chiedeva un parere sulla sua persona, egli soleva rispondere:  "Non sono che un povero frate che prega". Ed effettivamente pregava sempre e dovunque con umiltà, fiducia e perseveranza. Ecco allora un punto fondamentale non solo per la spiritualità del sacerdote, ma anche per quella di ogni cristiano, ed ancor più per la vostra, cari religiosi e religiose, scelti per seguire più da vicino Cristo mediante la pratica dei voti di povertà, castità e obbedienza. Talora si può essere presi da un certo scoraggiamento dinanzi all'affievolimento e persino all'abbandono della fede, che si registra nelle nostre società secolarizzate. Sicuramente occorre trovare nuovi canali per comunicare la verità evangelica agli uomini e alle donne del nostro tempo, ma poiché il contenuto essenziale dell'annuncio cristiano resta sempre lo stesso, è necessario tornare alla sua sorgente originaria, a Gesù Cristo che è "lo stesso ieri e oggi e sempre" (Eb, 13, 8). La vicenda umana e spirituale di Padre Pio insegna che solo un'anima intimamente unita al Crocifisso riesce a trasmettere anche ai lontani la gioia e la ricchezza del Vangelo. 
All'amore per Cristo è inevitabilmente unito l'amore per la sua Chiesa, guidata ed animata dalla potenza dello Spirito Santo, nella quale ognuno di noi ha un ruolo e una missione da compiere. Cari sacerdoti, cari religiosi e religiose, diversi sono i compiti che vi sono affidati e i carismi dei quali siete interpreti, ma unico sia sempre lo spirito con cui realizzarli, perché la vostra presenza e la vostra azione all'interno del popolo cristiano, diventino eloquente testimonianza del primato di Dio nella vostra esistenza. Non era forse proprio questo ciò che tutti percepivano in san Pio da Pietrelcina?
Permettete ora che rivolga una parola speciale ai giovani, che vedo così numerosi ed entusiasti. Cari amici, grazie per la vostra accoglienza calorosa e per i fervidi sentimenti di cui si sono fatti interpreti i vostri rappresentanti. Ho notato che il piano pastorale della vostra Diocesi, per il triennio 2007-2010, dedica molta attenzione alla missione nei confronti della gioventù e della famiglia e sono certo che dall'itinerario di ascolto, di confronto, di dialogo e di verifica nel quale siete impegnati, scaturiranno una sempre maggiore cura delle famiglie e un puntuale ascolto delle reali attese delle nuove generazioni. Ho presente i problemi che vi assillano, cari ragazzi e ragazze, e rischiano di soffocare gli entusiasmi tipici della vostra giovinezza. Tra questi, in particolare, cito il fenomeno della disoccupazione, che interessa in maniera drammatica non pochi giovani e ragazze del Mezzogiorno d'Italia. Non perdetevi d'animo! Siate "giovani dal cuore grande", come vi è stato ripetuto spesso quest'anno a partire dalla Missione Diocesana Giovani, animata e guidata dal Seminario Regionale di Molfetta nel settembre scorso. La Chiesa non vi abbandona. Voi non abbandonate la Chiesa! C'è bisogno del vostro apporto per costruire comunità cristiane vive, e società più giuste e aperte alla speranza. E se volete avere il "cuore grande", mettetevi alla scuola di Gesù. Proprio l'altro giorno abbiamo contemplato il suo Cuore grande e colmo di amore per l'umanità. Mai Egli vi abbandonerà o tradirà la vostra fiducia, mai vi condurrà per sentieri sbagliati. Come Padre Pio, anche voi siate fedeli amici del Signore Gesù, intrattenendo con Lui un quotidiano rapporto mediante la preghiera e l'ascolto della sua Parola, l'assidua pratica dei Sacramenti e l'appartenenza cordiale alla sua famiglia, che è la Chiesa. Questo deve essere alla base del programma di vita di ciascuno di voi, cari giovani, come pure di voi, cari sacerdoti e di voi, cari religiosi e religiose. Per ciascuno e ciascuna assicuro la mia preghiera, mentre imploro la materna protezione di Santa Maria delle Grazie, che veglia su di voi dal suo Santuario nella cui cripta riposano le spoglie di Padre Pio. Di cuore vi ringrazio, ancora una volta, per la vostra accoglienza e vi benedico tutti, insieme alle vostre famiglie, comunità, parrocchie e all'intera vostra Diocesi.


(©L'Osservatore Romano - 22-23 giugno 2009) 


Tra i sofferenti e i giovani la conclusione della visita a San Giovanni Rotondo

Un invito a mantenere viva una grande eredità


dal nostro inviato Mario Ponzi

È stata segnata da momenti significativi la seconda parte della giornata trascorsa dal Papa a San Giovanni Rotondo, là dove quello spirito grande "afferrato da Dio", parla ancora oggi a chi ha la pazienza di raggiungerlo dove riposa o di provare ad ascoltarlo tra i gemiti di quanti, sofferenti, cercano sollievo nella Casa da lui voluta più di ogni altra cosa.
Il primo di questi momenti è stato vissuto proprio nell'ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, da cinquantatré anni monumento all'amore, alla carità operosa, alla generosità. Oltre mezzo secolo di lacrime e di speranze, in ginocchio dinanzi alle tante croci quotidiane del dolore e della malattia. Questa è la storia dell'ospedale di padre Pio.
Era il 5 maggio del 1956 quando, su un piazzale gremito da migliaia di persone, il santo cappuccino presentava al mondo "la creatura che la Provvidenza ha creato", un luogo "di preghiera e di scienza dove il genere umano si ritrova con il Cristo crocifisso come un solo gregge con un solo pastore". Oggi quella singolare cittadella della carità, sorta ai piedi del monte Castellano e affacciata sui luoghi della straordinaria avventura spirituale del santo del Gargano, accoglie il popolo che, dei trascorsi cinquantatré anni, è stato autentico protagonista. Accoglie i malati, i disabili che qui, senza distinzione alcuna, trovano attenzioni e cure, conforto e dedizione senza limiti. Accoglie medici, infermieri, operatori sanitari con diverse mansioni, religiosi e religiose, volontari. Insieme costituiscono la grande famiglia che si è presentata all'appuntamento con il Papa in un singolare pomeriggio di prima estate, caratterizzato da pioggia a dirotto e sprazzi di sole. Come si conviene in una famiglia perbene, ognuno dei componenti si è presentato al Papa:  l'arcivescovo D'Ambrosio, in qualità di presidente, il direttore generale Crupi, e Anna Daniele alla quale il destino ha mischiato le carte:  da infermiera al servizio dei malati a malata essa stessa, oggi servita e assistita con un tale amore "da darmi la forza ha detto al Papa di affrontare serenamente il cancro, senza chiedermi perché abbia colpito proprio me". Ad Anna, e con lei a tutti i malati, Benedetto XVI ha ricordato che "la sofferenza fa parte del mistero stesso della persona" e ha chiesto a tutti i membri di quella grande famiglia, che costituisce l'anima vera dell'ospedale di padre Pio, di essere "una riserva di amore".
Infine l'incontro con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e soprattutto con i giovani. Tutti insieme lo hanno accolto nello splendore della chiesa costruita da Renzo Piano. Ciascuno ha incaricato un proprio rappresentante di parlare al Papa. Prima, per i sacerdoti, l'arcivescovo verso il quale i sangiovannesi non hanno perso occasione per dimostrare un affetto straordinario poi il ministro generale per i cappuccini e infine Maria Celeste Buenza e Luigi Gravina per quella grande platea di giovani che non ha cessato un solo istante di acclamare al Papa. Maria e Luigi comunicavano al Papa le loro gioie, le loro ansie, le loro attese. Sull'assemblea svettava uno striscione enorme sul quale i giovani avevano scritto il loro messaggio per il Papa:  "Noi siamo con te".
Benedetto XVI ha avuto una parola per tutti. Ha esortato i sacerdoti a non arrendersi dinanzi ai confessionali vuoti e a cercare l'uomo con ogni mezzo per riportarlo alle origini, cioè a Cristo. Ai religiosi - dopo che in mattinata aveva raccomandato loro di non farsi distrarre dall'attivismo - ha chiesto di non lasciarsi prendere dallo scoramento dinanzi "all'affievolimento e persino all'abbandono della fede, come accade nella nostra società secolarizzata". La forza la devono trarre dalla grande eredità spirituale del loro santo confratello, che, insieme al curato d'Ars, dovrà essere preso - come ha ricordato più volte il Papa nel corso della giornata riferendosi alle due grandi figure - come modello da seguire e da imparare a imitare lungo tutto l'Anno sacerdotale appena inaugurato.
Infine si è rivolto ai giovani con i quali ha voluto condividere le preoccupazioni per ciò che rischia di soffocare il loro tipico e sano entusiasmo "il fenomeno della disoccupazione". Il Papa ha denunciato la drammaticità della situazione di "non pochi giovani e ragazze del Mezzogiorno d'Italia". "Non perdetevi d'animo - ha cercato di incoraggiarli -. Siate giovani dal cuore grande". E ancora:  "La Chiesa non vi abbandona. Voi non abbandonate la Chiesa!". Quasi una promessa reciproca, un patto d'amore e di fiducia, l'ennesimo, tra il Papa e i giovani.
L'ultimo atto prima della partenza è stato la benedizione dei mosaici di padre Marko Ivan Rupnik nella nuovissima cripta della chiesa di San Pio. Si tratta di opere di straordinaria bellezza che vanno ad arricchire una maestosa realizzazione voluta per ospitare le spoglie di padre Pio.
(©L'Osservatore Romano - 22-23 giugno 2009)

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