A Sperlinga, ciak si gira

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zsbc08
00venerdì 2 ottobre 2009 09:25
Il regista Francesco Russo ha girato il suo film "Il gioco è fatto" tra catania e la cittadina dell’ennese. Si parla di dipendenza patologica per le scommesse
A Sperlinga, ciak si gira



Alice Ferlito, attrice di teatro, impegnata in questi giorni anche con lo spettacolo teatrale "Storie di una capinera", tratto dalle novelle/lettere di Giovanni Verga, con la regia di Rosario Minardi, gli attori Francesco Maria Attardi e Alessandra Meccio, che interpretano i figli ormai grandi e in carriera del protagonista, Salvatore, un giocatore d’azzardo interpretato dall'attore Santo Santonocito, a Catania e a Sperlinga, la cittadina del castello rupestre più rinomato d’Europa, patrimonio Unesco, in provincia di Enna, hanno girato le scene del film “Il gioco è fatto”, diretto dal regista Francesco Russo, con le scenografie di Filippo Altomare, collaboratore del regista Pasquale Scimeca e autore, insieme al padre Pippo Altomare, professore ordinario all’Accademia delle Belle Arti di Sassari, della prima di copertina di alcuni romanzi di prestigiosi editori nazionali ed internazionali, come la Bastogi Editrice Italiana di Foggia.

Questo il soggetto della sceneggiatura del film che è stato girato a Catania e a Sperlinga. Sempre più spesso la popolazione adulta affida ad un gioco, ad un concorso a premi in denaro, il proprio sogno di ricchezza. La domanda di gioco aumenta sempre più, e questo, molto probabilmente, dipende anche dall’aumento dell’offerta di giochi che si esplica in forme sempre più diversificate, oltre che dall’attuale crisi economica. Il gioco è diventato un prodotto industriale ed è naturale che in una società consumistica come la nostra, tanto più un prodotto viene reclamizzato tanto più è venduto. Accanto all’ottimismo imprenditoriale, per il quale il gioco è un nuovo mercato in grande espansione, emergono però, in modo sempre più incalzante, preoccupazioni relative al costo e al significato sociale di questo fenomeno. Accade, infatti, e non raramente, di incontrare soggetti dipendenti dal gioco d’azzardo. Tale dipendenza presenta dei costi sociali. Una minore produttività, l’usura, il riciclaggio, problemi psicopatologici e gravi conflitti all’interno del sistema familiare.

Nel film “Il gioco è fatto” di Francesco Russo il tema trattato è proprio il gioco d’azzardo patologico. “Non soltanto il giocatore che, sovrastato dalle proprie emozioni e avvolto cinematograficamente da una nube di fumo, vive attorno ad un tavolo dove soldi e carte si confondono”, ha dichiarato lo scenografo Filippo Altomare, “ma anche le dinamiche familiari, in una casa dove, invece, in quel tavolo apparecchiato di “nutrimenti” ma avvolto da una nube di sconforto, il posto assegnato al padre rimane vuoto e la cena si raffredda”. Salvatore, il protagonista del film, è un giocatore d`azzardo, ma è anche un uomo generoso, divertente e un buon lavoratore che, pur acquistando consapevolezza della sua problematica, ha difficoltà a gestire le ripercussioni negative che il gioco d’azzardo produce sulla sua salute e sul benessere della sua famiglia, sia in termini economici che affettivi. Salvatore, il giocatore d’azzardo cronico, aziona comportamenti che immagina possano proteggere i propri familiari, ma è costretto a mentire e si chiude in sé stesso. Circondato dall’amore dei familiari e motivato dal desiderio del cambiamento, in occasione di una ricerca che la figlia, ormai grande, conduce sul gioco d’azzardo patologico, decide di raccontarsi e quindi di far conoscere la sua storia interiore intrisa di sofferenze. Attraverso il racconto di Salvatore emerge l’importanza della relazione genitori-figli per la formazione del sé e dell`identità e quindi la connessione tra la dipendenza da gioco e il sistema familiare. Quando un genitore ha problemi di dipendenza è facile che nel figlio si trasmetta una dipendenza dello stesso genere o di genere diverso, che si instauri una stessa modalità di affrontare la sofferenza. Ne “Il gioco è fatto” il regista Francesco Russo conclude le riprese con un messaggio fotografico positivo. “La connessione tra i passaggi generazionali è determinante e non deterministica”, ha dichiarato il regista, “Non è deterministica perché è influenzata anche da fattori socioculturali, ma è determinante, pur se non unica, perché fa da matrice alla costruzione del sé. Donatella e Giuseppe, figli di Salvatore e Teresa, nipoti e bis nipoti di Salvatore”, continua il regista, “mostrano che il riconoscere e il riattraversare la propria storia e la storia dei propri familiari può aiutare”. “La famiglia d’origine rimane cioè la rete fondamentale dentro la quale si deve formare la personalità del futuro individuo sociale. Essa è costituita, per così dire, da un asse verticale che indica il passato, i genitori, la loro infanzia, il loro rapporto con i genitori, e tutto entra a far parte del nucleo più riposto e più intimo del bambino in formazione”.

- 02 ottobre 2009 -                                                                                                   Francesco Paolo Pinello
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