L’opinione Governo del territorio, apatia ed estremismo

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zsbc08
00martedì 17 marzo 2009 08:52

L’opinione Governo del territorio, apatia ed estremismo

 

La partecipazione attiva ed ordinata di tutti i soggetti [della community] non è possibile senza nuove forme di esercizio di governo locale da parte degli enti locali. A loro spetta la responsabilità istituzionale di promuovere e coordinare le politiche territoriali, assicurando i livelli essenziali delle prestazioni e la qualità dei servizi. Da livelli di governo gerarchicamente ordinati, che muovono da un principio di autorità nella formazione delle decisioni (Governement), si dovrà passare gradualmente ad un sistema di governo in cui le decisioni non sono più prese al centro, ma co-decise da una rete di attori interdipendenti secondo la logica della Governance. La Governance nei sistemi della community significa metodologia negoziale finalizzata ad un processo condiviso di costruzione collettiva delle politiche sociali, in modo da garantire processi di programmazione condivisa, di individuazione delle priorità di intervento, attraverso la formulazione di obiettivi, risorse, tempi e strumenti in grado di garantire una rete di protezione sociale, condizioni di equità per l’accesso ai servizi e processi di inclusione sociale delle fasce deboli. La Governance -- indicata come asse di innovazione dell’Unione europea – è la costruzione di un sistema allargato di governo, nel quale accanto alla promozione ed alla regolazione pubblica, convivono la coprogettazione e un esercizio di responsabilità condivisa, dei soggetti pubblici, privati e sociali, dei soggetti istituzionali e non. Tale impostazione supera le diverse interpretazioni ideologiche del principio di sussidiarietà, perché assume un modo di pensare che rifiuta livelli gerarchici di competenza separati e propone un sistema reticolare, in cui tutti i livelli di governo concorrono a formulare, a proporre, a realizzare le politiche territoriali. <<Il punto controverso, però, non è soltanto il problema descrittivo di come funziona la democrazia, ma anche quello prescrittivo o normativo di come eventualmente si dovrebbe agire. E’ immediato il raffronto con il politologo contemporaneo W. H. Morris Jones il quale – in un articolo piuttosto eloquente, In difesa dell’apatia [e cioè l’astensionismo durante le competizioni elettorali] – scrisse che “molte delle idee connesse con il tema generale del Dovere del Voto appartengono propriamente al campo totalitario e sono fuori luogo nel vocabolario di una democrazia liberale”; che l’apatia politica è “un segno di comprensione e di tolleranza nei confronti della diversità degli uomini” e ha un “effetto benefico sul tono della vita politica” perché “più o meno efficacemente fa da contrappeso a coloro che rappresentano il vero pericolo della democrazia liberale”. La mia tesi è che l’apatia, ben lungi dall’essere una sana condizione necessaria dell’istituto democratico, rappresenta un’astensione di fronte alla disparità con cui i diversi gruppi di interesse possono accedere al potere decisionale; in altre parole, essa costituisce una risposta a un tipo di “sviluppo politico” che “considera primaria la legittimazione dell’autorità rispetto all’articolazione degli interessi”. Che cos’è, in fin dei conti, un movimento estremista? In una democrazia, la possibilità del cambiamento sociale è per definizione costantemente disponibile mediante la discussione, il dibattito politico e le procedure elettorali. Un movimento sarà quindi definito “estremista” (con termine, dobbiamo ammettere, piuttosto vago) non in base alla misura del cambiamento che aspira a provocare ma per il fatto di avere deciso che ai suoi fini le convenzionali procedure sono inefficaci. Peraltro, tutti [gli elettori] concordano sul fatto che la democrazia è la migliore forma di governo immaginabile, oltre che la meglio nota; tuttavia molti convengono che i principi tradizionalmente invocati per giustificarla non hanno un’applicazione pratica né si può permettere che l’abbiano se si vuole che la democrazia sopravviva>> (Moses I. Finley, La democrazia degli antichi e dei moderni).

- 17 marzo 2009 –                                                                                                                   Francesco Paolo Pinello

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