La Camera del Silenzio : recensioni

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zsbc08
00lunedì 4 agosto 2008 12:15
da L'Isola Possibile
La Camera del Silenzio
The Final Question
Pensando a Mìkael Elkamì Rulìcef
Bastogi Editrice Italiana
Dicembre 2007

Recensione da L'Isola Possibile, Mensile regionale siciliano di approfondimento, politica e cultura
Pubblicazione mensile supplemento a Il Manifesto Anno VI n°51-aprile 2008

Pinello Vincenzo: La Camera del Silenzio Misterico.
Un romanzo emblematico sui fuochi di Caronia di Sicilia.

Una delle suggestioni più pullulanti della circolarità fascinosa del tempo che passa si deve all'immagine del rinnovarsi ciclico della vita grazie alla morte, ed il suo depositarsi nel territorio prossimo alla quotidianità: la pianta che muore spandendo i semi della vita.
Parlarne è facile. Forse anche farne speculazione scientifica. Ma provate, quella suggestione, a vivificarla sulla pagina; e non con un meta-discorso, ma nel discorso, implicita cioè alla parola. Sciascia - forse insospettatamente - l'ha consegnata, ad esempio, alla contrazione spazio-temporale del viaggio. Provate a scrivere una storia che non ostenti la circolarità ma la possegga, implicita, nelle parole, nell'articolazione sintagmatica, nella compiutezza del discorso, nell'architettura di tutta la storia stessa. La Camera del Silenzio (The Final Question) di Francesco Paolo Pinello, romanziere di Gangi, cioè il più internato paese delle Madonie e il meno estremo paese del nisseno, del messinese e dell'ennese (dipende da dove si incomincia: la circolarità unidimensionale su carta topografica) è un raro esempio di questa circolarità a priori e quindi intrisa nella parola, nella frase, nel romanzo. Il movimento narrativo è affidato ai fatti strani, e ancora incommensurati, accorsi non molto tempo fa a Caronia di Sicilia (che nel libro diventa Carontìa, non senza pare un obliquo ammiccamento in tralice al traghettamento come mezzo del balzo cosmico del tempo rinnovato), dove improvvisi e imprevedibili incendi decomponevano gli oggetti della quotidianità: elettrodomestici, automobili, lampade ... L'oggetto del corpus della narrazione funziona come assonanza al respiro misterico e mitologico: la dichiarazione di non comprensione umana dei fatti di Carontìa trasloca lievemente nell'impasto esoterico e pancristiano affidato agli strali dell'Apocalisse o del Vangelo secondo Giovanni, all'immagine reiterata della croce. Gli elementi simbolici, che richiamano tutti all'arrendevolezza umana ai piedi del celeste che non capisce, emergono nella diffusa immagine dell'acqua che l'autore riesce a far scorrere nelle pagine quasi ascoltando, e ascoltandoci, il fruscio (... il fuoco che voleva fare evaporare tutta l'acqua del mare .../ Chi appiccava il fuoco in quelle case?). E' il suo respiro che apre il libro: Dio c'è l'acqua no./ Lessi questa frase scritta su uno dei muri di un abbeveratoio ... Questo pidgin topico realizzato nel tramestio di assonanze mitologiche, simboliche, icastiche, è interrotto solo dalla forza simbiotica dell'immagine del padre. E' il padre che accompagna il viaggio in automobile verso Carontìa, segnando le tappe di una processione che ben scopertamente evoca le stazioni della via crucis. E' il padre che reca le tracce del compimento carontiano dell'attraversamento. E' il padre che sorveglia lo scorrimento cosmico dell'avvicinamento al luogo dell'inspiegabile. Quando poi l'autore si abbandona alla prosa della meticolosa quotidianità fatta delle consuetudini parentali ed amicali - sopra tutte, l'immagine della zia Giovanna - il discorso narrativo si riempie di malinconia o di gioia, entrambe trasfigurate nel sentimento della nostalgia, a volte spinto fino ai toni del commovente. Anche le vicende intime di questo libro, che mi appartengono, si sono collocate nei solchi senza traccia della circolarità. Il legame di parentela non frequentata con l'autore si è chiuso nell'incontro occasionale, in seguito ad un fatto che la parentela riguarda e con il libro che si è fatto dono. Ma questo appartiene al banale della vita. Come banale è soffermarsi ancora sulla morte e sulla vita. A meno di non farlo con gli strumenti della dicibilità di cui dispone l'autore di La Camera del Silenzio. Dalla prima pagina fino all'ultima. Quando anche il finale, denso del ritmo della migliore tradizione del giallo, si dispone ad un incominciamento che non ha mai fine.
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