Diecimila santini con una supplica a Papa Benedetto XVI: basta con l'ostensione della salma di Padre Pio

Ultimo Aggiornamento: 24/12/2008 17:30
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19/11/2008 11:27

Da: La Stampa del 17 novembre 2008

L'effetto Obama scatena i razzisti, di Maurizio Molinari

Mai tanti rischi. Nessun presidente aveva ricevuto un numero così alto di minacce e così forti protezioni.

L'impennata xenofoba. Una croce bruciata, potente simbolo usato dal Ku Klux Klan per terrorizzare i neri. Questa è stata lasciata in New Jersey nel giardino della famiglia Grewal, colpevole di aver esposto un cartello di congratulazioni ad Obama per la vittoria.

Croci bruciate, fantocci impiccati, aggressioni e ogni sorta di insulti razzisti, a volte lanciati anche da bambini: è il ritratto della galassia di intolleranza contro gli afroamericani che il “Southern Poverty Law Center” di Montgomery, in Alabama, documenta in un rapporto che enumera quanto avvenuto dall'indomani della vittoria di Barack Obama nelle elezioni americane. Si tratta di “centinaia di incidenti”, come scrive Mark Potok, il direttore dell'<<Intelligence Project>> che ha curato lo studio, avvenuti <<dalla California al Maine>> anche se concentrati in gran parte degli Stati del Sud con un'ondata di atti di razzismo, frutto della reazione dei settori più intolleranti a un risultato elettorale non gradito. Sfogliando le pagine del rapporto ci si immerge in una realtà di odio contro gli afroamericani che i maggiori mezzi di informazione in America tendono a minimizzare. A Snellville, un piccolo centro della Georgia, Denene Millner ha visto la figlia di 9 anni tornare a casa in lacrime dopo essere stata insultata da un coetaneo bianco sullo scuolabus. La stessa notte la cognata di Millner ha avuto il giardino devastato da vandali che, divelti alcuni simboli di Obama, le hanno lasciato due cartoni di pizza contenenti feci umane. <<Non posso certo dire che tutti i bianchi di Snellville siano malefici e anti-Obama, ma quanto avvenuto mi fa sorgere dei dubbi su che cosa abbia in mente chi compie tali gesti>> ha dichiarato la Millner ai ricercatori del <<Center>> di Montgomery, che hanno raccolto da Grant Griffin, donna bianca di 46 anni della Georgia, questa testimonianza: <<La nostra nazione è in rovina, l'elezione di Obama è solo il culmine di un processo in corso da decenni, l'unico vero cambiamento necessario sarebbe stato deportare tutti i membri della Chiesa di Obama>>. Sempre in Georgia, a Covington, il giorno dopo il risultato elettorale un liceale afroamericano è andato a scuola con una maglietta di Obama e il preside l'ha sospeso. La madre Eshe Riviears ha reagito rassegnata: <<Piaccia o meno, siamo nel Sud e non ci sono molte persone felici di come sono finite le elezioni>>. Di fronte a tali testimonianze William Ferris, direttore associato del Centro di studi per il Sud all'Università del North Carolina, spiega che <<la vittoria di Obama costituisce il più profondo cambiamento razziale nel Paese dai tempi della Guerra Civile, con il risultato di scuotere le fondamenta secolari della società>>. Proprio all'Università statale della North Carolina un gruppo di studenti ha ammesso di aver scritto insulti anti-Obama nel “tunnel della libertà di parola” dell'ateneo. Nel Maine, uno degli stati politicamente più liberal dell'America, nell'isola di Mount Desert sono stati trovati fantocci neri appesi agli alberi. Scritte razziste sono state trovate in molte metropoli, da Los Angeles dove l'invito-insulto <<Tornatevene in Africa>> ha coperto auto e marciapiedi, a Long Island. A New York un ragazzo nero è stato aggredito proprio durante l'Election Night da quattro bianchi che, agitando mazze da baseball, gridavano <<Obama, Obama>>. Nella fenomenologia del razzismo post-elettorale numerosi degli episodi di croci bruciate, emulando uno dei riti più conosciuti del Ku Klux Klan, com'è avvenuto a Hardwick, in New Jersey, e a Apolocan Township, Pennsylvania, nel giardino di casa di sostenitori di Obama. <<Ciò che accomuna tali azioni razziste – commenta il sociologo B.J. Gallagher, autore del libro “Un pavone nella terra dei pinguini” –  è la volontà di vendicarsi contro qualcuno che assomiglia al nemico al quale non è possibile arrivare>>. Ecco perché le protezioni di Fbi, servizi segreti e polizia attorno a Obama continuano a rafforzarsi: nessun presidente è mai stato oggetto di tante minacce.

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