La terza guerra mondiale è già iniziata ed è combattuta con le potentissime armi del "denaro non convenzionale". Guerra nel cyberspazio

Ultimo Aggiornamento: 14/03/2010 09:33
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14/11/2008 11:05

SCUDO ANTIMISSILE, RUSSIA: SE USA RINUNCIA ANCHE NOI FERMI
Da: Ansa.it

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2008-11-13 22:14
SCUDO ANTIMISSILE, RUSSIA: SE USA RINUNCIA ANCHE NOI FERMI
 di Marisa Ostolani

NIZZA - Mano tesa alla nuova amministrazione americana di Barack Obama, alla quale propone l'opzione zero, 'niente scudo Usa niente missili a Kaliningrad', e forte volonta' di cooperare con l'Unione europea, con la quale la Russia puo' parlare ''con una sola voce'' al Vertice del G-20 sulla crisi finanziaria per riformare la governance economica. Alla vigilia del Vertice Ue-Russia di domani a Nizza, il 22/mo nella storia delle relazioni bilaterali, ma il primo dopo il grande freddo seguito al conflitto georgiano, il presidente russo Dmitri Medvedev ha abbassato i toni della polemica con i partner occidentali. ''Il nostro interesse e' di avere delle relazioni le piu' strette possibili'', ha detto in un'intervista al quotidiano francese Le Figaro. ''Noi abbiamo bisogno di investimenti reciproci. L'Europa e' il piu' grande consumatore di energia russa, noi siamo dei grandi compratori di tecnologie e prodotti europei'', ha spiegato. E sullo stesso tasto ha battuto parlando nel pomeriggio a Cannes, davanti ad una platea di centinaia di imprenditori russi ed europei.

''Sulla maggioranza dei punti al centro del G20 le posizioni di Russia e Unione europea sono molto vicine, quasi coincidenti. Io penso che a Washington parleremo con una sola voce'', ha affermato Medvedev. Nelle molte esternazioni, poche parole sono state riservate al conflitto con la Georgia. Il presidente russo ne ha parlato solo per ribadire che il riconoscimento da parte di Mosca dell'indipendenza dell'Ossezia del sud e dell'Abkazia, le regioni secessioniste della Georgia, ''e' irreversibile''. Il Vertice di domani non si preannuncia facile per il presidente francese Nicolas Sarkozy, che da un lato deve ribadire la forte contrarieta' della Ue all'uso sproporzionato della forza contro Tbilisi e al mancato rispetto della sovranita' territoriale, ma dall'altro anche la volonta' di riavviare al piu' presto i negoziati per un nuovo accordo di partnership strategica per rafforzare i legami economici ed energetici con la Russia. Ad oggi, la Ue importa il 61% del proprio gas e ben il 42% e' russo. Ventisei stati membri su 27, con la sola eccezione della Lituania, sono a favore della ripresa dei negoziati. ''Noi vogliamo lavorare in modo costruttivo con la Russia, ma la Russia faccia altrettanto con noi'', ha detto il presidente della Commissione Ue Jose' Manuel Durao Barroso, sintetizzando il ''messaggio'' che sara' consegnato domani a Medvedev. Secondo Barroso, sono numerosi i terreni sui quali e' importante una buona collaborazione tra Ue e Russia, a partire dalle questioni energetiche. Ma al centro dei colloqui di domani ci sara' la crisi finanziaria mondiale e la risposta del G20.

 ''Siamo ad una svolta. Questa e' un'occasione storica per cambiare la governance economica mondiale, ha detto Barroso. ''La Russia in questo e' un partner indispensabile, imprescindibile''. Oltre alla crisi, la sicurezza sara' l'altro tema forte nell'agenda di domani. Medvedev ha precisato che Mosca non mettera' impianti missilistici Iskander nell'enclave baltica di Kaliningrad, se gli Usa rinunceranno al loro scudo missilistico in Polonia e Repubblica ceca, e ha detto che Mosca e' perfino pronta a continuare il lavoro sull'idea di un sistema globale di scudo antimissile con Usa, Europa e Russia coinvolte''. La reazione americana non si e' fatta attendere: il segretario alla Difesa Robert Gates ha definito inaccettabile uno scambio con Mosca. La Ue resta in attesa della nuova amministrazione Obama. Alcuni fatti raccontati da Sarkozy (che oggi ha ricevuto all'Eliseo il presidente georgiano Mikhail Saakashvili), confermano come l'Europa stia gia' archiviando l'era Bush. Sarkozy ha infatti denunciato il comportamento del presidente americano uscente nella crisi russo-georgiana. Bush - ha raccontato il presidente francese - gli consiglio' di non recarsi a Mosca e a Tbilisi, di rinunciare. ''Ci siamo andati, con Bernard Kouchner (il ministro degli Esteri, ndr), e come per caso, mentre eravamo li', e' stato annunciato il cessate il fuoco'', ha riferito Sarkozy, rivendicando alla Ue di avere ottenuto la pace e di avere mantenuto aperto il filo del dialogo.

BERLUSCONI PRECISA, USA HANNO DIRITTO DIFENDERSI
di Federico Garimberti

Gli Usa hanno ''diritto di difendersi'' da quelle che ritengono essere minacce alla sicurezza nazionale. Silvio Berlusconi precisa oggi il senso delle sue parole di ieri sullo scudo antimissilistico statunitense: pur non smentendo di aver definito il progetto americano una ''provocazione'' nei confronti della Russia, il presidente del Consiglio ha detto di aver trovato una certa ''distanza'' fra quello che ha dichiarato e quanto riportato dai media. Il premier, nel corso di una conferenza stampa a Napoli, in occasione della firma dell'accordo per la gestione del termovalorizzatore di Acerra, e' tornato sulle frasi pronunciate ieri a Smirne. E dopo aver ribadito di temere una ''escalation di contrapposizione fra Usa e Federazione Russa'', ha auspicato un ritorno allo ''spirito di Pratica di Mare''.

 Un riferimento al vertice del 2002 in cui si decise il partenariato fra la Russia e la Nato. Berlusconi ha parlato di Usa e Unione europea come dei ''pilastri del sistema di sicurezza euro-atlantico''. Partendo da questo presupposto, ha aggiunto: ''Sono convinto che gli Usa abbiano certamente il diritto di difendersi da cio' che ritengono sia una minaccia alla propria sicurezza''. E su questo, ha sottolineato con una punta polemica nei confronti della stampa, ''ho notato una certa distanza fra cio' che e' stato scritto e cio' che ho detto ieri a Smirne''. Il premier ha quindi sottolineato che l'Italia ha come primo obiettivo quello di rasserenare i rapporti fra Mosca e Washington. Anche grazie a quell'amicizia che lo stesso Cavaliere vanta di avere con i leader delle due potenze. ''Ho il mio modo'' di mediare, ha spiegato, ''e ho la possibilita' di parlare chiaro sia con l'amministrazione americana sia con la Federazione russa''.

Cosi', ha aggiunto, ''nelle ultime settimane ho cercato di porre questo problema con forza e ho insistito affinche' potessero sedersi intorno ad un tavolo''. Ad impensierire il premier e' stata in particolare la ''dura dichiarazione'' del presidente russo, Dmitri Medvedev, davanti alla Duma. Parole che lo hanno spinto a lavorare affinche' le due parti si ''incontrino e adottino delle soluzioni'' il prima possibile. Insomma, ha detto, quelle di ieri a Smirne ''non sono state parole dure'', ma semmai ''parole preoccupate''. Il premier e' quindi tornato a lamentarsi della copertura mediatica dei suoi incontri internazionali. ''Non ho visto un articolo che riportasse il fatto che in Russia abbiamo firmato oltre 10 accordi'', ha sottolineato. Il contrario di cio' che e' avvenuto in Turchia, ha aggiunto, dove il vertice di ieri a Smirne e' stato ''salutato in modo assolutamente entusiastico'' dai media locali. Un ultimo appunto, infine, sul prossimo importante appuntamento internazionale: il G20 di Washington che, a detta del premier, ''dara' inizio a un processo di nuova regolamentazione del mondo finanziario ed economico''.
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14/11/2008 11:25

Paulson corregge il tiro e colpisce le Borse
Escluso l'acquisto dei titoli «tossici» a favore della ricapitalizzazione delle banche

Paulson corregge il tiro
e colpisce le Borse


Washington, 13. A ventiquattro ore dall'apertura del vertice g20 sulla crisi finanziaria mondiale, la correzione del Tarp (Troubled Asset Relief Program) annunciata dal segretario al Tesoro statunitense, Henry Paulson, colpisce duramente Wall Street. Il Dow Jones ha perso il 4,73 per cento, il Nasdaq il 5,17 e l'S&P 500 il 5,19. L'effetto negativo si è trasmesso ai mercati asiatici ed europei, che hanno fatto segnare tutti aperture in rosso con successive lievi riprese. Intanto, questa mattina l'ufficio statistico federale tedesco ha reso noto che la Germania è entrata in recessione nel terzo trimestre. Il pil ha infatti registrato una perdita dello 0,5 rispetto al mese precedente. Ormai in Europa la recessione non è più soltanto uno spettro.
L'obiettivo originario del Tarp - il cosiddetto piano Paulson - era quello di ripulire i bilanci delle banche comprando gli asset "tossici" legati ai mutui subprime. Da ieri, invece, la linea intrapresa sarà un'altra:  la seconda parte del piano - che in tutto prevede uno stanziamento di settecento miliardi di euro - verrà utilizzato per investimenti diretti nelle società, al fine di rafforzare il capitale di queste ultime. L'acquisto degli asset, "non è la soluzione più efficace", ha detto Paulson. Invece, "l'acquisto diretto di azioni nelle istituzioni finanziarie è il modo più rapido per usare i nostri nuovi poteri per stabilizzare il sistema". Ma non è tutto. Al vecchio Tarp verranno aggiunte nuove iniziative per sostenere il credito e l'accesso a capitali privati, garantire i mutui immobiliari e minimizzare i pignoramenti di abitazioni. In generale, "il sistema finanziario resta fragile", ha spiegato Paulson, sottolineando che banche e società "potrebbero avere bisogno di più capitale". Certo, "il nostro sistema è più forte e più stabile rispetto ad alcune settimane fa", ha chiarito, ma "ci sono ancora molte sfide e cambiamenti davanti a noi" e "gli Stati Uniti "non sono gli unici responsabili della crisi".
Fuori dal piano dovrebbero restare gli aiuti al settore dell'auto. La questione - vista l'ormai imminente bancarotta di General Motors - è stato al centro di un duro braccio di ferro tra Paulson e il Camera dei rappresentanti, a maggioranza democratica. In effetti, il presidente eletto, il democratico Barack Obama, ha annunciato massicci aiuti al settore automobilistico, ma, se la decisione di Paulson verrà mantenuta, dovrà andare a cercare altrove i soldi per Detroit. Secondo la speaker della Camera dei rappresentanti, Nancy Pelosi, Governo e Congresso debbono prendere "misure immediate" per salvare General Motors, Ford e Chrysler. Paulson resiste:  "Io mi concentro sul settore finanziario". Lo scorso 17 settembre il Congresso ha dato il via libera a 25 miliardi di dollari di aiuti per l'auto, ma, oltre ad essere bloccati, sono fondi considerati insufficienti.
Segnali negativi arrivano intanto dall'Europa. Oggi, nel bollettino mensile, la Banca centrale europea (Bce) ha reso noto che l'attività economica della "zona euro" si è significativamente indebolita, con il ristagno della domanda interna ed esterna. L'istituto di Francoforte ritiene che nei prossimi mesi l'inflazione possa continuare a diminuire, raggiungendo livelli in linea con la stabilità dei prezzi nel 2009. L'istituto ribadisce che è il due per cento la soglia compatibile con la stabilità dei prezzi. Le previsioni di crescita sono in netto calo, e in media danno un'espansione del prodotto interno lordo dell'1,2 per cento nel 2008, dello 0,3 nel 2009 e dell'1,4 nel 2010. È "importante - afferma la Bce - che il settore bancario tenga pienamente conto delle significative misure di sostegno adottate dai Governi per far fronte alle turbolenze finanziarie". A sua volta l'Ocse (l'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha annunciato una contrazione del pil in sei Paesi suoi membri nel 2009 pari allo 0,3. In particolare, la "zona euro" vedrà il proprio pil ridursi dello 0,5 per cento, mentre gli Stati Uniti registreranno un meno 0,9.
(©L'Osservatore Romano - 14 novembre 2008)

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14/11/2008 19:23

Aereo Qantas scende in picchiata: disturbato da base segreta nel Pacifico?
Da: RaiNews24

Roma | 14 novembre 2008
Aereo Qantas scende in picchiata: disturbato da base segreta nel Pacifico?
Un aereo Qantas (archivio)
Un aereo Qantas (archivio)

Potrebbe essere stata l'interferenza di una base militare segreta nell’Oceano Pacifico la causa dell'improvvisa perdita di quota di un aereo Qantas, che provoco' nell’ottobre scorso il ferimento di oltre 50 passeggeri.

L'interferenza - che avrebbe mandato in tilt il computer di bordo, secondo una nuova ipotesi degli investigatori – potrebbe essere stata causata da un forte segnale radio proveniente da una base navale agli ordini di americani e australiani, situata in mezzo all'Oceano. L’aereo, in viaggio da Singapore a Perth, in Australia, scese in picchiata per oltre 1000 piedi in appena un minuto.

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14/11/2008 19:25

Modulo spaziale indiano 'Moon Impact Probe' scende sul suolo lunare
Da: RaiNews24.it

Nuova Delhi | 14 novembre 2008
Modulo spaziale indiano 'Moon Impact Probe' scende sul suolo lunare
La sonda Chandrayaan-1
La sonda Chandrayaan-1

Il modulo indiano Moon Impact Probe, rilasciato dalla sonda Chandrayaan-1, e' appena arrivato, alle 20.32 ora locale indiana, sul suolo lunare. Lo ha annunciato la televisione indiana IBNlive.

Moon Impact Probe ha il tricolore indiano dipinto su una fiancata. La sonda Chandrayaan-1, che da' il nome all'intera missione, era stata lanciata lo scorso 22 ottobre alle 06.22 del mattino dalla base costiera di Srihakot, nello Stato indiano meridionale dell'Andra Pradesh. Dal 12 novembre  scorso era entrata nell'orbita lunare.

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14/11/2008 19:28

Disgelo a Nizza tra Ue e Russia. Medvedev: per ora niente missili a Kaliningrad
Da: RaiNews24.it

Roma | 14 novembre 2008
Disgelo a Nizza tra Ue e Russia. Medvedev: per ora niente missili a Kaliningrad
Dmitri Medvedev
Dmitri Medvedev

Dal vertice Ue-Russia di Nizza arrivano venti di disgelo. Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha proposto di tenere un summit dell'Organizzazione per la sicurezza e la sicurezza in Europa (Osce) a meta' 2009 "per gettare le basi della sicurezza in Europa e un po' oltre coinvolgendo sia la Russia che gli Stati Uniti". Una proposta accolta con favore dal presidente russo, Dmitry Medvedev, che si e' impegnato a non schierare i nuovi missili a Kaliningrad prima del vertice. "Dobbiamo tutti astenerci da misure unilaterali", ha dichiarato il capo del Cremlino.

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14/11/2008 19:29

G20, Merkel determinata: le istituzioni internazionali vanno riformate
Da: RaiNews24.it

Berlino | 14 novembre 2008
G20, Merkel determinata: le istituzioni internazionali vanno riformate
Merkel con Berlusconi e Sarkozy
Merkel con Berlusconi e Sarkozy

Non sarà una nuova Bretton Woods, ma neppure una semplice photo opportunity. "A Washington ci saranno dei negoziati difficili, ma, come europei, ci siamo abituati". Il cancelliere tedesco Angela Merkel, alla vigilia del G20 di Washington, in un'intervista alla Sueddeutsche Zeitung respinge quella lettura minimalista del summit anti crisi avvalorata, non più tardi di ieri sera, dallo stesso presidente americano George W. Bush e dal presidente della Commissione Ue José Barroso ("Non aspettiamoci miracoli").

"Quel che è sicuro è che non ignoreremo i problemi solo perché non possono essere risolti in 24 ore. E' una bella gatta da pelare, ma non mi arrenderò”, ha aggiunto. Merkel insiste: vanno riformate le istituzioni internazionali, a partire da un rafforzamento del Fondo Monetario Internazionale, che dovrà dare più peso alle economie emergenti. Secondo Merkel c'è il "pericolo" che lo zelo riformista di questi giorni si possa affievolire ai primi segnali di ripresa. "Ma questo non succederà, dobbiamo mettere in campo le prime misure nei prossimi mesi. L'obiettivo è che in futuro tutti i prodotti e gli affari siano regolati e controllati in ogni area".

A Washington la tradizionale formazione del G7  (Usa, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Canada) allargata tra  gli altri anche a potenze economiche come Cina, Russia, Australia, Brasile e  Arabia Saudita. La riunione, alla quale l'Italia sarà rappresentata dal  presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, vedrà difficilmente grandi passi  avanti sul piano della 'nuova architettura finanziaria globale' dal momento  che il ridisegno delle istituzioni di Bretton Woods richiederà tempi più  lunghi, anche in considerazione della delicata fase di passaggio tra l'amministrazione Bush e quella Obama, che si insedierà il prossimo 20  gennaio. Tra i Venti figura anche un altro italiano, il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, invitato come partecipante a pieno titolo in qualità di presidente del Financial Stability Forum.

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15/11/2008 08:53

Europa in recessione all'ultimo G20 con Bush
Da: RaiNews24.it

Washington | 15 novembre 2008
Europa in recessione all'ultimo G20 con Bush
George W.Bush
George W.Bush

"Siamo qui oggi perche' condividiamo la preoccupazione per l'impatto della crisi finanziaria globale sulla nostra gente". Con queste parole George W. Bush, ha aperto i lavori del G20 di Washington, l'ultimo al quale partecipa da presidente americano in carica. L'Europa si presenta
al summit con tutte le maggiori economie dell'area euro in recessione.

Fortemente voluto dal presidente di turno dell'Unione europea Nicolas Sarkozy, il G20 si presenta come una prima tappa di un lungo lavoro che aspetta i leader delle principali economie mondiali per uscire dalle secche di una crisi che dai mercati sta passando alle imprese con conseguenze sempre piu'pesanti per i cittadini. "Ho trovato un buon clima", ha detto il premier Silvio Berlusconi al termine della cena alla Casa Bianca che ha dato avvio ai lavori del vertice. Il presidente del Consiglio si è mostrato ottimista sulla possibilità che da questo vertice escano "risultati concreti".


La bozza del summit
Sono contenute in cinque pagine le indicazioni del G20 per uscire dalla crisi. Incentivi all'economia mondiale, applicazione di nuove regole internazionali del settore finanziario e riforma della governance globale sono i cardini del documento con cui i leader dei 20 Paesi riuniti a Washington si preparano a chiudere questa prima riunione. Gli esiti di queste disposizioni saranno esaminati il 31 marzo. Dopo quella data - e comunque prima del 30 aprile - ha fatto sapere una fonte dell'Eliseo, ci sara' un'altra riunione, in una localita' che deve ancora essere decisa.

Il documento finale del G20 conterra' "messaggi positivi su tre direttrici: sostegno all'economia, nuove regole internazionali e riforma della governance" ha detto la fonte, "e ha la caratteristica essenziale - per la quale la presidenza francese ha lottato a lungo - di cercare di essere il piu' concreto e preciso possibile".

"Oltre la nota di cinque pagine", ha aggiunto, "c'e' un dettagliato piano di azione con una serie di misure e regole su cui viene messo l'accento e che contengono obiettivi e una data finale: il 31 marzo del 2009".

Il testo sottolineera' l'impegno dei Paesi per uno sforzo simultaneo, inclusi incentivi fiscali e di spesa, riduzione dei tassi di interesse e sostegno al Fondo monetario internazionale, oltre allo sviluppo del sistema creditizio delle nazioni piu' vulnerabili. Il messaggio, ha detto ancora la fonte, sara' chiaro: "nessun Paese puo' restare indietro".

[Modificato da zsbc08 15/11/2008 08:54]
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15/11/2008 08:55

Lanciata la navetta americana Endeavour
Da: RaiNews24

Roma | 15 novembre 2008
Lanciata la navetta americana Endeavour: 7 astronauti in viaggio verso la Stazione spaziale internazionale
Endeavour
Endeavour

Lo shuttle Eandeavour e' stato lanciato oggi con successo da Cape Canaveral. La navetta e' stata lanciata all'ora programmata, le 19.55 locali (ore 1.55 italiane), portando i sette astronauti nello spazio per una missione di 15 giorni.

Gli astronauti recano a bordo materiali destinati a raddoppiare la superficie della parte abitativa della Stazione Spaziale Internazionale che dovra' passare da tre a sei inquilini. A bordo dello shuttle si trovano anche una seconda toilette ed un dispositivo per trasformare l'urina in acqua potabile.

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15/11/2008 09:09

L'INDIA ARRIVA SULLA LUNA, BATTUTA LA CINA
Da: Ansa.it

»
2008-11-15 04:09
L'INDIA ARRIVA SULLA LUNA, BATTUTA LA CINA
 NEW DELHI - Il tricolore indiano è atterrato sulla Luna, portando l'India ad essere il quarto Paese al mondo ad aver toccato il suolo lunare. Alle 20.31 ora indiana, le 16,01 in Italia, il Mip (Moon Impact Probe), il modulo lunare sganciato dalla sonda-madre Chandrayaan-I ha toccato il suolo lunare, nella parte meridionale del satellite terrestre. Il modulo, che ai suoi quattro lati ha disegnato la bandiera indiana, è stato lanciato dalla sonda indiano quando questo orbitava a 100 km dalla superficie lunare, dopo 23 giorni di permanenza nello spazio, il 22 ottobre scorso, il razzo indiano è stato lanciato dalla base di Sriharikota. Dopo Stati Uniti, Ex Unione Sovietica e Unione Europea, il modulo indiano di 35 chili porta il paese di Gandhi nel gotha mondiale delle esplorazioni spaziali, piazzando l'India nell'elite di pochissimi paesi che possono vantare un atterraggio lunare (o se si vuole un allunaggio) e sbaragliando la concorrenza asiatica, soprattutto cinese e giapponese (il Giappone comunque ha già una sonda in orbita intorno alla Luna). Ma l'India vuole di più: tra gli strumenti a bordo del Mip ce ne sono anche un paio che potranno aiutare gli scienziati indiani dell'Isro (Indian Space Research Organisation) a realizzare le altre due missioni Chandrayaan, che dovrebbero portare nel 2010 un robot indiano sulla luna e dopo qualche anno il primo astronauta indiano sul satellite terrestre. Intanto dalla Luna, dalla telecamera del Mip, sono arrivate a Bangalore, sede della sala di controllo dell'Isro, le prime immagini provenienti dalla Luna.

Oltre al Mip, il satellite indiano Chandrayaan trasporta altri 10 strumenti scientifici progettati e realizzati da altri paesi, che verranno messi in funzione nei prossimi giorni. Il modulo raccoglierà dati geologici della Luna. Ma la missione indiana è, soprattutto, alla ricerca dell'elio-3, un isotopo rarissimo sulla Terra ma che serve per la fusione nucleare, potenzialmente un'importantissima fonte d'energia nel futuro. L'elio-3 abbonderebbe sulla Luna, anche se è molto difficile da estrarre. La missione spaziale è l'ennesimo passo dell'India in direzione di un rafforzamento della sua posizione internazionale dopo la deroga concessale, il mese scorso, al Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp), non firmato da New Delhi; deroga che ha permesso al Paese di firmare accordi di cooperazione con Stati Uniti e Francia in materia di energia atomica. La missione indiana, del costo di 80 milioni di dollari, una inezia rispetto agli stanziamenti della Nasa americana, è il culmine del programma spaziale indiano cominciato nel 1963, quando primo ministro era Jawaharlal Nehru, padre di Indira e primo primo ministro dell'India. E' significativo che l'atterraggio del modulo lunare indiano sia avvenuto proprio nel giorno in cui l'India commemora il suo primo capo del governo. La sonda lunare indiana è rimasta nell'orbita terrestre per diversi giorni, per poi entrare in quella lunare lo scorso 4 novembre.

All'atterraggio della sonda sulla luna, gli scienziati indiani dell'Isro, con i quali sia il primo ministro Manmohan Singh che Sonia Gandhi si sono complimentati, si sono lasciati andare in manifestazioni di giubilo. Solo dopo, però, aver presentato ritualmente al tempio le offerte agli dei di buon auspicio, come era già avvenuto in occasione del lancio il 22 ottobre.


SPAZIO: LANCIATO SHUTTLE ENDEAVOUR
WASHINGTON - Lo shuttle Eandeavour e' stato lanciato oggi con successo da Cape Canaveral.  La navetta e' stata lanciata all'ora programmata, le 19.55 locali (ore 1.55 italiane), portando i sette astronauti nello spazio per una missione di 15 giorni. Gli astronauti recano a bordo materiali destinati a raddoppiare la superficie della parte abitativa della Stazione Spaziale Internazionale che dovra' passare da tre a sei inquilini. A bordo dello shuttle si trovano anche una seconda toilette ed un dispositivo per trasformare l'urina in acqua potabile. 
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15/11/2008 09:10

G20: BUSH APRE VERTICE, MA GIA' SI PENSA A QUELLO DI OBAMA
Da: ANSA.it

»
2008-11-15 08:54
G20: BUSH APRE VERTICE, MA GIA' SI PENSA A QUELLO DI OBAMA
 G20: BOZZA COMUNICATO; PIANO AZIONE, ALCUNE MISURE SUBITO
PIANO IN 2 FASI, UNA IMMEDIATA, L'ALTRA A MEDIO TERMINE

WASHINGTON - Un piano d'azione con proposte concrete, diviso in due parti: le azioni da adottare immediatamente entro il 31 marzo e quelle a medio termine. E' quanto prevedrebbe - secondo indiscrezioni - la bozza del comunicato finale del G20.
Fra le linee guida indicate nel comunicato figurerebbero - secondo la bozza - maggiore trasparenza e superivisione e, soprattutto, piu' collaborazione. Nel testo e' contenuto anche l'invito a non farsi tentare da pressioni protezionistiche e quello di raggiungere un accordo per completare le negoziazioni del Doha Round entro la fine dell'anno. Il comunicato dovrebbe contenere - sempre secondo indiscrezioni - alcune indicazioni per un migliore funzionamento dei mercati finanziari globali, e fra questi specifici richiami alla trasparenza.
I leader si sarebbero accordati anche per chiedere una migliore cooperazione internazionale nel monitorare i mercati: un obiettivo questo che dovrebbe essere raggiunto con la creazione di meccanismi di 'early warning'. Il Fondo Monetario Internazionale e il Financial Stability Forum, guidato dal governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, hanno gia' espresso venerdi' la propria disponibilita' a farsi carico del compito.
Nel comunicato - riferiscono le stesse fonti - si dovrebbe fare riferimento anche a un 'collegio dei supervisori' per monitorare le maggiori istituzioni finanziarie.
Il testo del comunciato sara' diffuso sabato nel pomeriggio (in serata italiana) al termine di una due giorni di lavori, e dovrebbe contenere anche indicazioni temporali sul prossimo appuntamento che dovrebbe cadere fra la fine di marzo e i primi di aprile. L'incontro - secondo quanto dichiarato da alcuni partecipanti al G20 - potrebbe avere luogo a Londra, visto che proprio l'Inghilterra presiedera' il prossimo anno il G20.


(Dell'inviato Fabrizio Finzi)
WASHINGTON - ''Siamo qui oggi perche' condividiamo la preoccupazione per l'impatto della crisi finanziaria globale sulla nostra gente''. Con queste parole il presidente americano, George W. Bush, ha aperto i lavori del G20 di Washington; un club di Paesi che insieme determinano l'82 per cento dell'economia mondiale e oltre il 60 per cento della popolazione del pianeta.
Fortemente voluto dal presidente di turno dell'Unione europea Nicolas Sarkozy, il G20 si presenta con chiarezza come una prima tappa di un lungo lavoro che aspetta i leader delle principali economie mondiali per uscire dalle secche di una crisi che dai mercati sta passando alle imprese con conseguenze sempre piu' pesanti per i cittadini. ''Non credo che da questo G20 possa venir fuori qualcosa di definitivo'', ha osservato infatti Silvio Berlusconi poco prima di entrare alla Casa Bianca dove una cena ha dato inizio al vertice.
''Gia' ci siamo dati appuntamento tra cento giorni, a meta' febbraio per cercare di avere una nuova Bretton Woods (la localita' dove i piu' grandi Paesi si riunirono nel 1944 per definire regole commerciali e finanziarie comuni ndr.) per quella data'', ha anticipato il premier. In effetti il G20 sta decidendo di riunirsi ancora verso la fine di febbraio 2009, probabilmente a Londra. Nel 2009 infatti la presidenza di turno del G20 passera' nelle mani del premier britannico Gordon Brown.
Ma la prudenza dei leader non e' casuale: tutti attendono l'entrata in carica di Barak Obama e tutti sapevano sin dalla vigilia che da questa amministrazione americana - in scadenza e paladina del liberismo a tutti i costi - non ci si potevano aspettare misure forti. Il presidente eletto ha scelto di non rubare la scena a Bush e osserva da Chicago i risultati di questo vertice. Ma intanto la sua diplomazia e' gia' in pieno lavoro: suoi emissari stanno incontrando praticamente tutte le delegazioni presenti a Washington. La macchina del G20 e' comunque avviata: la gravissima crisi sta intaccando, negli Usa, imprese storiche come la General Motors.
In Europa la recessione non e' piu' uno spettro ma una realta' condivisa. Per l'Italia e' ''recessione tecnica''. Per questo forse non si arrivera' ad una nuova Bretton Woods, come chiede Berlusconi, ma certamente i Paesi G20 e le principali istituzioni finanziarie mondiali lavoreranno sodo, anche con tavoli tecnici, per mettere insieme la ricetta salva-crisi che possa far tornare l'occidente ''alla prosperita''', come si e' detto oggi certo Bush.

G20: BERLUSCONI, HO TROVATO UN BUON CLIMA
WASHINGTON - ''Ho trovato un buon clima''. Lo ha riferito oggi il premier Silvio Berlusconi al termine della cena alla Casa Bianca che ha dato avvio ai lavori del vertice G20 dedidato alla crisi finanziaria. Il presidente del Consiglio si e' mostrato ottimista sulla possibilita' che da questo vertice escano ''risultati concreti''. E' gia' pronto, ha aggiunto, un documento di 8 pagine ''scritte piccole piccole'' e che io ho proposto di ridurre a due per renderle anche cosi' piu' comprensibili all'opinione pubblica.
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15/11/2008 09:17

SARKOZY-MEDVEDEV, TREGUA PER MISSILI E SCUDO
Da: ANSA.it

»
2008-11-14 17:02
SARKOZY-MEDVEDEV, TREGUA PER MISSILI E SCUDO
 (dell'inviata Marisa Ostolani).

NIZZA (FRANCIA) - Dopo avere conquistato "senza minacce militari, ma con il dialogo e la diplomazia" la pace nel Caucaso, il presidente francese Nicolas Sarkozy ha oggi cercato di ottenere dal presidente russo Dmitri Medvedev la garanzia che nessun missile Iskandar sarà dispiegato nell'enclave baltica di Kaliningrad almeno fino alla metà del prossimo anno, quando dovrebbe tenersi un vertice Osce sulla sicurezza europea. Sarkozy ha inviato un chiaro messaggio anche agli Usa. "Possiamo continuare a minacciarci con gli scudi, con i missili, con le manovre di navi, ma questo non porterà nulla di buono né alla Russia, né all'Europa né alla Georgia", ha detto il presidente francese parlando al termine del vertice Ue-Russia a Nizza, il primo dopo il grande freddo seguito al conflitto georgiano, che ha sancito la ripresa dei negoziati per un nuovo accordo di partenariato strategico. All'indomani dell'elezione di Barack Obama, Medvedev ha minacciato di essere pronto ad installare missili alle porte dell'Europa se gli Usa realizzeranno lo scudo missilistico in Polonia e Repubblica Ceca.

"Ho indicato a Medvedev tutta la nostra preoccupazione per queste dichiarazioni e gli ho detto che non ci deve essere nessun missile dispiegato finché non avremo discusso insieme della sicurezza europea, in un vertice che potrebbe tenersi nell'ambito dell'Osce (l'organizzazione per la cooperazione e la sicurezza che riunisce 56 paesi, ndr), a metà del 2009", ha riferito Sarkozy. "Il vertice dovrà porre la base futura della sicurezza europea e definire quello che può diventare un accordo tra di noi, mentre al contrario il dispiegamento dei missili complicherebbe le cose. Medvedev ha accolto con favore la nostra proposta. Noi la concerteremo con gli Usa e il vertice potrebbe avere luogo tra fine giugno e inizio luglio". Al suo fianco, Medvedev, definito da Sarkozy "un uomo con cui si può parlare", non ha fatto promesse, ma ha rimarcato i punti di accordo. Dopo aver ringraziato il presidente francese per "la ricerca di soluzioni" al conflitto in Georgia, il presidente russo ha rilevato che "il meccanismo della sicurezza in Europa non è perfetto" ed ha confermato il sostegno di Mosca al vertice Osce. "E' necessario che i paesi della Nato, della Ue e di altre organizzazioni si riuniscano e affrontino insieme le questioni. La Russia però - ha messo in chiaro Medvedev - non ha mai preso decisioni unilaterali.

Le posizioni prese sono state la reazione a decisioni assunte da alcuni stati europei che hanno accettato di installare missili sul loro territorio". Medvedev ha in sostanza rilanciato l'opzione zero: la Russia starà ferma se anche gli Usa non agiranno. Un'opzione respinta dal segretario della Difesa americano Robert Gates. Ma sullo scudo missilistico la parola spetta ormai alla nuova amministrazione di Obama, che sull'efficacia del progetto voluto da George W.Bush nutre più di un dubbio. A Medvedev ha rivolto un appello anche il presidente della Commissione Ue José Manuel Durao Barroso: "Il nostro avvenire è nell'economia non nei missili. E' nel dialogo e non nell'uso della forza. E' nella cooperazione, non nell'unilateralismo". Concetti che Sarkozy ha dilatato fino agli Stati Uniti di Bush, ai quali ha rivolto critiche esplicite per l'attitudine a risolvere "con le minacce militari" questioni che vanno risolte "con il dialogo, la politica, la diplomazia". A Nizza, Ue e Russia hanno registrato posizioni "quasi coincidenti" sulla riforma della governance economica globale per neutralizzare la crisi finanziaria. A Washington, al vertice del G20, Sarkozy e Medvedev parleranno "con una sola voce".

Resta invece sul tavolo il "forte disaccordo" sulla Georgia e il riconoscimento russo dell'indipendenza delle regioni secessioniste dell'Ossezia del sud e dell'Abkazia. Per Sarkozy, la Russia "ha quasi rispettato tutti i punti dell'accordo di pace". Ci sono però ancora "molti progressi da fare", in particolare nel ritiro dei soldati russi dalla valle di Akhalgori, nell'Ossezia del sud, e dal villaggio frontaliero di Perevi. E resta da risolvere l'accesso degli osservatori della Ue in Ossezia del sud e in Abkazia. Per Medvedev, invece, Mosca ha rispettato "interamente" i patti. E quanto all'Abkazia e all'Ossezia "sono ormai soggetti autonomi".
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15/11/2008 09:26

IRAN: LANCIA NUOVO MISSILE, DUBBI SU INTENZIONI OBAMA
Da: ANSA.it

»
2008-11-12 17:25
IRAN: LANCIA NUOVO MISSILE, DUBBI SU INTENZIONI OBAMA
(di Alberto Zanconato).

TEHERAN  - Con il lancio di un nuovo missile balistico e la minaccia del presidente Mahmud Ahmadinejad di "schiacciare" chiunque si opponga al progresso della nazione, l'Iran ha ribadito oggi la sua posizione di intransigenza, il giorno dopo che dagli Usa erano arrivate notizie su un piano del presidente eletto Barack Obama per cercare di coinvolgere anche la Repubblica islamica in una pacificazione della regione. Un nuovo missile terra-terra a due stadi è stato testato dall'Iran alla presenza del ministro della Difesa, Mostafa Mohammad Najjar. Il vettore, denominato Seijil, ha una gittata di quasi 2.000 chilometri, secondo lo stesso ministro. Un raggio d'azione, dunque, uguale a quello dello Shahab-3, già sperimentato negli anni scorsi e in grado di raggiungere tra l'altro il territorio di Israele. Il test è avvenuto un giorno dopo che, secondo i giornali iraniani, un altro missile denominato 'Samen' è stato lanciato dai Pasdaran (Guardiani della rivoluzione) durante manovre militari nella provincia nord-occidentale del Kurdistan, vicino al confine con l'Iraq.

La frontiera che attualmente divide le forze americane da quelle iraniane. Immediata la reazione della Casa Bianca. "L'Iran - ha detto un portavoce - deve astenersi da nuovi test missilistici se vuole guadagnare la fiducia del resto del mondo. Il regime iraniano deve anche cessare immediatamente di sviluppare missili balistici, che potrebbero servire da vettori per una potenziale arma nucleare". La strada verso un'eventuale svolta positiva nelle relazioni fra Usa e Iran, che da quasi 30 anni non hanno relazioni diplomatiche, non si presenta quindi facile, nonostante le promesse di cambiamento di Obama, anche in politica estera. Oggi un deputato conservatore iraniano, Mohammad Nabi Habibi, ha sottolineato ad esempio che "il voto per Obama da parte degli americani significa una richiesta di ritiro delle truppe Usa dall'Iraq e dall'Afghanistan". Mentre il presidente eletto, secondo le indiscrezioni pubblicate ieri dal Washington Post, accanto ad un coinvolgimento dell'Iran in un dialogo sul futuro dell'Afghanistan intenderebbe anche aumentare il numero dei soldati americani impegnati in questo Paese.

 "La Repubblica islamica ritiene che uno dei maggiori fattori dell'instabilità e della guerra nella regione non è altro che la presenza militare straniera", gli ha fatto eco il quotidiano Keyhan International. E proprio oggi il ministro degli Esteri iraniano, Manuchehr Mottaki, è arrivato per una visita di 24 ore in Corea del Nord, Paese già inserito con l'Iran nell' 'asse del male' del presidente Usa George W. Bush e indicato da molti esperti militari come il fornitore della tecnologia di base utilizzata per lo sviluppo del programma missilistico di Teheran. L'agenzia Irna scrive che Mottaki incontrerà a Pyongyang il numero due del regime nordcoreano, Kim Yong-nam. Il ministro Najjar ha negato che il nuovo missile sperimentato oggi si basi sull'utilizzo di tecnologia straniera e ha assicurato che esso ha "scopi puramente difensivi". Da parte sua, invece, Ahmadinejad, parlando in un comizio nella provincia settentrionale del Mazandaran, è tornato ad affermare l'intenzione di Teheran di proseguire nel suo programma nucleare, avvertendo che qualunque potenza vorrà mettere ostacoli allo sviluppo del Paese "sarà schiacciato sotto i piedi della nazione e riceverà un colpo in bocca".
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15/11/2008 09:38

'Se voi cercate la crescita economica, giustizia sociale e della dignità umana, il libero mercato è il sistema di strada da fare.'
Da: The Wall Street Journal

La strada più sicura Torna alla prosperità

'If you seek economic growth, social justice and human dignity, the free-market system is the way to go.' 'Se voi cercate la crescita economica, giustizia sociale e della dignità umana, il libero mercato è il sistema di strada da fare.'

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15/11/2008 10:01

Venti di disgelo tra Unione europea e Russia
A Nizza Sarkozy convince Medvedev a fermare il dispiegamento dei missili a Kaliningrad

Venti di disgelo
tra Unione europea e Russia


Parigi, 14. Il capo di Stato francese e presidente di turno dell'Unione europea, Nicolas Sarkozy, si è detto oggi "molto preoccupato" per le dichiarazioni del presidente russo, Dmitri Medvedev, sul possibile dispiegamento di missili russi nell'enclave di Kaliningrad e ha chiesto al leader del Cremlino di "compiere progressi" nel ritiro delle truppe russe dalla Georgia. Sarkozy ha detto a Medvedev di non procedere al preannunciato dispiegamento di missili prima di ulteriori discussioni con gli Stati Uniti. Mosca ha accolto positivamente la proposta.
Parlando con Medvedev a una conferenza stampa congiunta a conclusione del vertice tra Ue e Russia di Nizza, Sarkozy ha affermato che il leader del Cremlino ha dato una risposta favorevole alla proposta di congelare la crisi fino ai colloqui sulla sicurezza paneuropea previsti per il maggio 2009. 
Medvedev, ha detto che la Russia ritiene necessario tenere un secondo vertice a fine febbraio del g20 sulla crisi finanziaria dopo quello di domani a Washington. Confermando quanto anticipato poco prima da una sua portavoce, il leader del Cremlino, intervenendo alla conferenza stampa congiunta con Sarkozy, ha detto:  "Appoggio in pieno l'idea di tenere un prossimo vertice dopo Washington senza ritardi e abbastanza in fretta. Siamo pronti a tenerci in comunicazione con l'Europa su questi problemi".
La Georgia aveva chiesto ieri all'Europa di non fare "realpolitik" trattando con Mosca e Nicolas Sarkozy, presidente di turno dell'Unione europea, aveva rassicurato Tbilisi:  l'Ue "mantiene una posizione molto ferma sull'integrità territoriale della Georgia".
Il presidente francese aveva ricevuto ieri l'omologo georgiano, Mikhail Saakashvili, all'Eliseo alla vigilia del vertice tra Ue e Russia e questo - avevano fatto notare fonti del palazzo presidenziale - "dimostra che la Francia e l'Europa restano solidali con la Georgia e impegnati al suo fianco".
Saakashvili voleva in realtà rassicurazioni sull'appoggio europeo al principio dell'integrità territoriale del suo Paese, dopo che la Russia ha riconosciuto l'indipendenza dell'Abkhazia - dove vorrebbe costruire una base navale - e dell'Ossezia del Sud, dispiegando in quelle regioni separatiste georgiane migliaia di soldati. "Ci sono elementi di realpolitik molto presenti nel mondo attuale - aveva notato Saakashvili - perché c'è la crisi mondiale e la gente pensa ai propri problemi. Ma bisogna sempre mantenere fermi dei principi" aveva ammonito prima di andare da Sarkozy.
Sarkozy negoziò, il 12 agosto scorso, un accordo a nome dell'Ue per il cessate il fuoco fra Mosca e Tbilisi, quindi un piano di pace l'8 settembre. Sul ritiro delle forze russe dall'Ossezia del Sud e dall'Abkhazia, però, sussisterebbero ancora delle divergenze tra la Francia e la Georgia:  quest'ultima parla di "flagrante violazione" degli impegni presi, mentre Parigi vede un fondamentale rispetto dei patti da parte di Mosca, tanto che la settimana scorsa Sarkozy si è pronunciato per una ripresa dei negoziati su una partnership rafforzata tra Ue e Russia.
Nel frattempo, il segretario alla Difesa statunitense, Robert Gates, ha criticato la Russia per il provocatorio annuncio che schiererà missili a Kaliningrad contro lo scudo antimissile americano. Quelle minacce, ha affermato a margine di una riunione Nato a Tallinn, in Estonia, "non sono certo il benvenuto che la nuova Amministrazione degli Stati Uniti meritava" all'indomani della vittoria di Barack Obama. "Simili commenti provocatori sono inutili e mal indirizzati", ha insistito. Gates ha assicurato comunque che Washington continuerà a cercare un rapporto costruttivo con Mosca.
Dal canto suo, il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Silvio Berlusconi, ha affermato ieri sera che gli Stati Uniti hanno "diritto di difendersi" da quelle che ritengono essere minacce alla sicurezza nazionale. Pur non smentendo di aver definito il progetto americano una "provocazione" nei confronti della Russia, Silvio Berlusconi ha ribadito di temere una "escalation di contrapposizione fra Stati Uniti e Federazione russa", e ha auspicato un ritorno allo "spirito di Pratica di Mare". Un riferimento al vertice del 2002 in cui si decise il partenariato fra la Russia e la Nato.



(©L'Osservatore Romano - 15 novembre 2008)
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15/11/2008 10:02

Dossier nucleare iraniano
Nella riunione di Parigi ribadita la strategia del gruppo cinque più uno

Dossier nucleare iraniano
Sanzioni ma anche dialogo


Parigi, 14. È stata ribadita ieri sera, nel corso della riunione svoltasi a Parigi dai rappresentanti del gruppo cinque più uno (i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu:  Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina, più la Germania) la strategia della doppia opzione, quella delle sanzioni e quella del dialogo, nei confronti dell'Iran che nonostante le offerte di incentivi economici non ha accettato le richieste del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di sospendere i programmi di arricchimento dell'uranio.
In un comunicato il ministero degli Esteri francese ha reso noto che la riunione, svoltasi a livello di direttori politici dei rispettivi ministeri degli Esteri del gruppo cinque più uno e con la partecipazione di un inviato dell'alto rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza dell'Unione europea, Javier Solana, "ha permesso di fare il punto sulla situazione attuale e di discutere il modo di avanzare nelle due direzioni", ovvero da un lato la minaccia di nuove sanzioni e dall'altro l'offerta di dialogo e di cooperazione. Il comunicato di ieri sera del Quai d'Orsay ha detto inoltre che il gruppo cinque più uno "proseguirà le consultazioni sulle prossime tappe nelle settimane a venire".
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha già adottato quattro risoluzioni, di cui tre con sanzioni, imponendo all'Iran la sospensione dell'arricchimento dell'uranio. Le autorità di Teheran non hanno tenuto conto della richiesta dell'Onu di sospendere l'arricchimento dell'uranio e anzi hanno accelerato il proprio programma assicurando che ha esclusivamente una finalità civile.
L'uranio arricchito è il "combustibile" usato per alimentare le centrali nucleari. In tal caso la percentuale di arricchimento varia tra il tre e il cinque per cento. Ma la stessa tecnologia può essere impiegata per produrre uranio "altamente arricchito" (almeno oltre il venti per cento), che se arriva oltre il novanta per cento può essere impiegato nella costruzione di ordigni atomici. La differenza sta nel numero delle centrifughe utilizzate in sequenza. Ogni passo dell'arricchimento porta con sé prodotti collaterali e lascia traccia di materiale finale che permettono di risalire sia alle origini sia agli scopi della procedura. Ecco perché diventa fondamentale cooperare e permettere i controlli degli ispettori dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea).
Sulla riunione di ieri sera a Parigi, il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, ha dichiarato:  "Siamo stati sempre favorevoli a sanzioni e al dialogo, e continueremo su questa strada". Kouchner ha anche evocato l'idea che il presidente eletto degli Stati Uniti, Barack Obama, possa rilanciare il dialogo con l'Iran.



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15/11/2008 10:03

L'onda lunga della crisi sui mercati del Golfo
Sempre più grave la crisi del settore automobilistico statunitense

L'onda lunga della crisi sui mercati del Golfo


 Bruxelles, 14. Si fa sempre più difficile la situazione del settore automobilistico statunitense, mentre l'onda della crisi colpisce i mercati del Golfo.
Ieri l'Unione europea ha dichiarato di essere pronta a ricorrere al Wto, l'organizzazione mondiale del commercio, in merito al piano di aiuti all'esame del Congresso, se giudicherà tali aiuti illegali. Lo ha detto il presidente della Commissione Ue, José Manuel Durão Barroso, parlando ai microfoni dell'emittente radiofonica francese "Europe 1". "Stiamo analizzando il piano - ha detto Barroso - che non è stato notificato. Ma, ovviamente, se è un aiuto di Stato illegale agiremo sul piano del Wto". Le possibilità che il Congresso riesca a far passare un piano di salvataggio per il settore auto, di grande importanza strategica, stanno diminuendo. Lo rivela un articolo pubblicato sul "New York Times". I democratici hanno presentato un pacchetto di proposte che contiene ingenti aiuti per l'auto, ma anche nuovi investimenti in opere pubbliche, benefici per i lavoratori e un aumento della spesa sanitaria e previdenziale. Tuttavia - rileva il "New York Times" - queste misure dovranno aspettare che il nuovo presidente Barack Obama s'insedi alla Casa Bianca a gennaio. Nel frattempo - secondo gli esperti - almeno una delle "Big Three" del settore automobilistico, General Motors, Ford e Chrysler, finirà in bancarotta.
Nel frattempo, la Borsa del Kuwait ha sospeso ieri le contrattazioni per ordine del tribunale, che ha deciso di tutelare in questo modo gli investitori, danneggiati dal tonfo dei listini. L'indice azionario è caduto del 31 per cento dall'inizio dell'anno. Il mercato kuwaitiano resterà chiuso fino al 17 novembre, quando la corte si riunirà nuovamente per valutare se prolungare o meno la sospensione. Lo ha annunciato Adel Abdul Hadi, avvocato che rappresenta un gruppo di piccoli operatori, intervistato da "Bloomberg News".



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15/11/2008 10:04

Crisi finanziariae e norme etiche del commercio
Intervento della Santa Sede alla 63ª sessione dell'Assemblea generale dell'Onu

Crisi finanziaria
e norme etiche del commercio


Pubblichiamo la traduzione dell'intervento pronunciato il 30 ottobre dall'arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite, sulla crisi finanziaria globale, durante i lavori della 63ª sessione dell'Assemblea generale dell'Onu.
Signor Presidente,
molti economisti e analisti hanno concordato sul fatto che la crisi è attribuibile all'assenza di un sistema normativo completo ed efficace, ma ancora di più a un'indifferenza diffusa per le strutture normative e di supervisione, per non dire delle regole di affidabilità e di trasparenza.
La mia delegazione concorda con quest'idea e si spinge oltre:  la crisi reale non è soltanto finanziaria, economica e tecnica. Piuttosto si estende alla più vasta area dei codici etici e della condotta morale. L'affarismo selvaggio e la ricerca senza scrupoli di guadagno a qualsiasi costo ha fatto dimenticare alle persone le norme etiche del commercio.
La nostra reazione non dovrebbe limitarsi a deplorare la crisi e a offrire espressioni formali di simpatia ai Paesi e agli strati sociali più poveri che ne sono stati colpiti. Dobbiamo trovare modi e mezzi per evitare crisi simili in futuro.
In alcuni casi, Governi e istituzioni che hanno osservato rigorosamente le regole a un livello clientelare inferiore non hanno mantenuto lo stesso rigore a un livello più alto. Lo stesso si può dire dei sistemi economici dei Paesi più poveri. Le istituzioni finanziarie internazionali che hanno realizzato con rigore le condizioni economiche e la supervisione nei Paesi in via di sviluppo hanno trascurato di farlo nel supervisionare le economie industrializzate. Ora che queste ultime hanno collassato, anche le prime devono subirne le conseguenze.
Quello di Governo è un esercizio della virtù della prudenza nella messa in atto di misure legislative ed esecutive in grado di orientare al bene comune l'attività sociale. Il principio di sussidiarietà richiede che i Governi e le grandi agenzie internazionali garantiscano solidarietà a livello nazionale, internazionale e intergenerazionale.
Una seconda osservazione riguarda la responsabilità di quanti operano nel settore finanziario. Il prestito è un'attività sociale necessaria. Ciononostante, le istituzioni e gli agenti finanziari hanno la responsabilità di garantire che il prestito svolga la propria funzione nella società, unendo il risparmio alla produzione. Se il prestito è visto meramente in termini di scambio di risorse finanziarie senza riguardi per un loro uso ragionevole, cessa di essere un servizio alla società. Quando si tenta di nascondere il rischio reale che i prestiti non vengano restituiti, i risparmiatori vengono ingannati e chi presta il denaro diviene realmente complice di furto.
Non bisogna dimenticare che ai margini del sistema finanziario vi sono pensionati, piccole imprese familiari, lavoratori a domicilio e innumerevoli impiegati per i quali i risparmi sono mezzi di sostegno essenziali. L'attività finanziaria deve essere sufficientemente trasparente affinché i singoli risparmiatori, in particolare i poveri e i meno protetti, comprendano che cosa ne sarà dei loro risparmi. Ciò richiede non solo misure efficaci di supervisione da parte dei Governi, ma anche un più alto livello di condotta etica da parte dei responsabili finanziari stessi.
Una terza e forse ancor più fondamentale osservazione ha a che fare con il pubblico in generale e la sua scelta di valori e stili di vita. Uno stile di vita e persino un modello economico basati esclusivamente sul consumo maggiorato e incontrollato e non sul risparmio e sulla creazione di un capitale produttivo, sono economicamente insostenibili. Lo sono anche dal punto di vista della sollecitudine per l'ambiente e, soprattutto, della dignità umana stessa perché il consumatore irresponsabile rinuncia alla propria dignità di creatura razionale e offende anche la dignità degli altri.
Guardando al futuro, è necessario ripristinare la credibilità e l'autenticità del prestito, che deve essere sempre parte  di  una  catena  produttiva  di beni e servizi e non un'attività indipendente.
Soprattutto è necessario investire sulle persone. Una volta compiute le inevitabili operazioni finanziarie di salvataggio, i Governi e la comunità internazionale dovrebbero investire il proprio denaro sull'aiuto alle popolazioni più povere.
L'esperienza positiva e relativamente recente del microcredito dimostra che, paradossalmente, coloro che, dal punto di vista del freddo calcolo economico, sembrano meno adatti a ricevere prestiti si rivelano invece in questo i più seri e affidabili.
La storia dei Paesi in via di sviluppo dimostra anche che i prestiti concessi per servizi legati alla sanità, all'istruzione, all'edilizia e per altri servizi di base, di cui beneficiano i livelli socio-economici più deboli della società, famiglie e piccole comunità, sono in definitiva gli investimenti più convenienti perché sono gli unici a garantire un funzionamento armonioso della società nella sua interezza.



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15/11/2008 10:06

Verso un accordo tra Ue e Libia

Verso un accordo
tra Ue e Libia


Bruxelles, 14. Con una decisione definita "storica" da Bruxelles, l'Unione europea ha avviato oggi i negoziati con la Libia per un accordo che definirà la cooperazione in diversi settori, dall'immigrazione all'economia, dall'energia al commercio.
E già dal 2009 potrebbero partire i primi progetti comuni. "È finalmente giunto il momento che tutti aspettavamo da tanto, è una vera svolta nelle relazioni tra Europa e Libia, l'unico Paese del Sud del Mediterraneo con cui l'Unione non aveva alcun rapporto ufficiale", ha dichiarato il commissario alle Relazioni Esterne dell'Ue, Benita Ferrero Waldner, durante una conferenza stampa insieme al ministro degli Esteri libico, Abdulati Al Obeidi, e all'assistente segretario generale del Comitato popolare per le relazioni esterne, Muhammad Taher Siyala.
Ricordando come Tripoli sia impegnata a sviluppare le sue relazioni non solo con l'Ue, ma con tutte le organizzazioni internazionali, il ministro ha affermato che la Libia "è un partner importante per l'Unione europea, dato il suo ruolo di rilievo in Africa e nel Mediterraneo". "L'Europa - ha aggiunto Al Obeidi - ci è utile a livello economico e di sviluppo e noi siamo in dialogo continuo con essa, soprattutto nella lotta al terrorismo e nel fermare la proliferazione delle armi di distruzione di massa".
Anche sul fronte dell'immigrazione i Ventisette hanno ribadito l'intenzione di stringere i tempi, perché l'Agenzia europea di pattugliamento delle coste (Frontex) non è in grado da sola di tenere sotto controllo i flussi di migranti che attraversano il Mediterraneo.
Il disgelo diplomatico tra Tripoli e Bruxelles è iniziato nel luglio del 2007, dopo che il Governo libico acconsentì alla liberazione di un gruppo di infermiere bulgare e di un medico palestinese accusati di aver inoculato il virus dell'Hiv a centinaia di pazienti e, per questo, condannati a morte da un Tribunale. In quell'occasione, Bruxelles promise al leader libico, Muammar Gheddafi, di avviare al più presto trattative per giungere ad una regolamentazione ufficiale delle relazioni bilaterali.
Il mandato negoziale dell'esecutivo comunitario per l'avvio dei colloqui con la Libia è stato adottato dai Ventisette Stati membri dell'Unione europea lo scorso 24 luglio. L'obiettivo è quello di concludere con la Libia un accordo ampio che riguardi il dialogo politico e la cooperazione in materia di politica estera e di sicurezza, che crei una zona di libero scambio il più possibile ampia e inclusiva e che serva da base ad una cooperazione in settori nevralgici di interesse comune quali l'energia, i trasporti, la migrazione, i visti, la giustizia e gli affari interni e l'ambiente, nonché in altri campi quali la politica marittima e la pesca, l'istruzione e la sanità pubblica.
Sulle trattative aperte tra Unione europea e Libia resta però l'ombra di uno degli aspetti controversi che fino ad oggi hanno impedito il disgelo delle relazioni bilaterali, cioè la questione dei diritti umani.
Ferrero Waldner ha assicurato che la delicata questione "è inserita nell'accordo" di avvio dei negoziati.



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15/11/2008 10:07

La Bibbia in cinese
La Bibbia in cinese di Gabriele Maria Allegra

Una traduzione lunga una vita


di Giuseppe Buffon

La lettura de Le memorie di fra Gabriele Maria Allegra (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2005, pagine 214, euro 13) desta diversi spunti di riflessione. Colpiscono, ad esempio, i riferimenti ai colloqui intrecciati con padre Teilhard de Chardin e don Sturzo, la narrazione dei contatti avuti con le autorità militari giapponesi, in vista di un eventuale arbitrato della Sede apostolica, nel secondo conflitto mondiale; e ancora le varie notizie sull'attività ecumenica, sull'apostolato biblico, sui convegni, sulle opere in prosa e poesia in lingua cinese. Si tratta, insomma, di una selva di informazioni, di cui sarebbe difficile offrire una presentazione che ne salvaguardi l'integrità e il valore storico culturale.
Cercando di attenersi, però, all'intenzione dell'autore, che afferma di riferire solo "gli eventi che direttamente o indirettamente ebbero una qualche relazione con la versione della Bibbia in cinese", parrebbe di poter individuare l'orientamento principale della narrazione nella scoperta, o riscoperta, della Parola quale motore e guida del rinnovamento dell'esperienza cristiana. 
L'ansia per il rinnovamento della vita cristiana è riscontrabile soprattutto nei passi riguardanti la realtà francescana, in riferimento al processo di aggiornamento proposto dal Vaticano ii. L'Allegra insiste qui sulla necessità di riscoprire non solo le origini cronologiche della storia francescana, ma anche gli elementi più significativi della tradizione. Non a caso, assume come motto della sua vita una espressione usata nella liturgia per la memoria del beato Leopoldo da Gaiche - un predicatore umbro della fine del Settecento, che si trovò a svolgere il suo ministero nei tempi difficili delle campagne napoleoniche in Italia - in solitudine Deum quaerere et in medio populi tui salutem operari.
Non pare opportuno però indugiare oltre intorno a questo aspetto, preferendo dedicare maggior attenzione all'approfondimento del tema centrale, cioè quello del primato della Parola, nelle sue diverse declinazioni:  concepita, studiata, mediata, divulgata, insegnata, condivisa.
"Siamo nell'anno 1928 - scrive l'Allegra negli anni dei suoi studi a Roma - nel quale ricorreva il Sesto centenario della morte del beato Giovanni da Montecorvino, primo arcivescovo di Pechino e vero fondatore della Chiesa di Cina e della sua gerarchia ecclesiastica. Il Santo Padre Pio xi inviò una lettera al nostro generale; di questa lettera pontificia si parlò molto in collegio (...) a me confidenzialmente ne parlò tanto Padre Cipriano Silvestri, che mi mise pure al corrente della udienza avuta dal Santo Padre". Senza dubbio, si può affermare che quelli sono stati anni di grande fervore missionario. Di esso fu uno dei più convinti animatori il ministro generale, il padre Klumper, il quale aveva inviato all'Ordine "una bella enciclica sull'argomento" (1922). Riferendosi ai suoi compagni di studio:  "Era davvero un bel manipolo di giovani francescani - ricorda ancora l'Allegra - che negli anni 26/31 studiavano a Roma per prepararsi alla vita missionaria", e dei quali la gran parte era destinata alla Cina.
Della serie di conferenze tenute in quel periodo presso l'Antonianum, intorno all'impresa missionaria svolta in Cina dal Montecorvino, l'Allegra colse un particolare apparentemente irrilevante:  la "traduzione in cinese (o forse in mongolo) del salterio e dei vangeli", a cui aveva fatto riferimento padre Silvestri. Tale osservazione, pur importante in se stessa, avrebbe potuto risultare quasi secondaria rispetto, ad esempio, alla grande impressione suscitata dall'arditezza del viaggio stesso, oppure dal ruolo politico e diplomatico assegnato al frate missionario. "Per me - continua l'Allegra - il discorso di quest'ultimo (il Silvestri) fu come una miccia accesa, lanciata contro una polveriera". Il particolare pare interessante, non solo per l'intuizione avuta già dal giovane francescano, bensì anche per la dimensione culturale, che assumeva il corso di preparazione all'apostolato missionario, proposto dall'Antonianum, che prediligeva l'approfondimento delle fonti e della Scrittura in particolare.
L'Allegra, nel frattempo, tramite gli studenti cinesi frequentanti i corsi dell'Antonianum, si era informato intorno alla versione cinese della Bibbia, apprendendo così che la traduzione del Monte Corvino non esisteva più e che i cattolici possedevano solo il Nuovo Testamento; per la traduzione dell'Antico Testamento, invece, il concilio di Shanghai (1924) aveva espresso il voto a sostegno della nomina, quanto prima possibile, di una apposita commissione di periti. I protestanti, a differenza dei cattolici - annota ancora padre Gabriele - "possedevano una loro versione, anzi parecchie versioni, alcune di esse essendo state fatte nei e per i principali dialetti dell'immensa nazione cinese". Per l'Allegra questa informazione costituì un'ulteriore spinta, forse quella determinante, a dar corso al suo proposito:  "Fu questa un'altra potente scossa elettrica".
L'autore delle Memorie, a cui non andava a genio un ecumenismo superficiale che "mette quasi quasi, sullo stesso piano tutte le religioni, che invita anche il sacerdote cattolico a cercare la verità assieme agli altri", pare tuttavia non rifiutare l'esempio dei protestanti riguardo al primato che essi attribuiscono alla Scrittura. Egli ricorda, infatti, come già a bordo della nave che l'avrebbe condotto per la prima volta in Cina, ebbe delle "lunghe conversazioni con un reverendo anglicano sugli atti degli apostoli, e con un missionario protestante". Nei primi tempi della sua permanenza in Cina, accolto all'Hunan Bible Institute da "due gentiluomini cristiani", che "non potevano esser più gentili verso di me", l'Allegra percepisce allora, con chiarezza ancora maggiore, la portata dei traguardi raggiunti dal protestantesimo nello studio e nella divulgazione della Scrittura. "In quella biblioteca - sostiene - mi resi conto di quanto i fratelli separati avessero già pubblicato in cinese riguardo alla sacra Scrittura, lì conobbi le prime riviste protestanti... lì avvertii quale forza non fosse in Cina lo studio e la stampa".
Più oltre, nelle Memorie, l'Allegra, a proposito del rapporto con i protestanti e dei risultati ottenuti per il rinnovamento della vita cristiana:  "La Chiesa cattolica deve avere la sua società biblica mondiale per preparare le sue versioni per tutti i popoli della terra. Certo che arriviamo dopo cento e più anni di distanza dei nostri fratelli separati, eppure è mia convinzione che questo apostolato biblico sia quanto mai urgente". La Chiesa doveva tornare, quindi, con urgenza ai suoi fondamenti ineludibili, cioè alla Parola.
Non stupisce affatto che l'Allegra fosse giunto a un tale convincimento, dal momento che, come si evince sempre dalle Memorie, fin da studente di teologia usava come testo per la lettura spirituale il Vangelo di Giovanni, seguendo naturalmente la versione greca. Con l'applicazione alla Parola, il giovane francescano scopriva, però, anche i Padri. Egli asserisce, infatti, con riferimento al Tractatus in Johannis Evangelium del grande Agostino [...] ritengo che, dopo la Sacra Scrittura, sant' Agostino sia stato il mio maestro (...). E con Agostino cominciai a conoscere san Girolamo...". 
Si viene a conoscere così come uno dei sogni irrealizzati dallo studioso resti quello di offrire una traduzione cinese anche dei testi patristici, allo scopo di "far conoscere l'esegesi dei Padri [...], in altri termini, la Scrittura nei Padri". La Parola biblica, per operare come tale, a suo avviso, dovrebbe essere intesa entro un determinato ambiente culturale; cioè andrebbe interpretata secondo una corretta ermeneutica, in modo da diventare "parola ecclesiale". Così si esprime ancora a questo riguardo il francescano:  "Molta verità contiene il detto di Lutero:  "La sola grammatica non basta per tradurre la Bibbia", frase che io oso spiegare così:  non basta la conoscenza della grammatica e della sintassi greca ed ebraica per tradurre la Scrittura, ma fa d'uopo che il traduttore conosca la storia del popolo in mezzo al quale il libro da tradursi ha avuto origine... Ma soprattutto fa d'uopo che, essendo la Scrittura il libro affidato da Gesù Signore alla Chiesa, egli abbia gli stessi sentimenti della Chiesa:  sentiat cum Ecclesia". Lo studioso francescano, oltre a fare riferimento continuo ai Padri nell'opera di traduzione, pensò di riunire in un Dizionario biblico, o Lessico biblico, tutti gli strumenti ermeneutici atti all'interpretazione ecclesiale. L'ispirazione per una tale opera, come afferma egli stesso, gli sarebbe venuta da Agostino, che non riteneva sufficienti, per i bisogni dei cristiani, le opere storico-geografiche di Eusebio, né le spiegazioni filologiche di Girolamo. Occorreva dunque, a suo avviso, un'opera che si interessasse ai problemi trattati nell'introduzione generale e speciale della Scrittura, quali le questioni riguardanti l'ispirazione, il canone, i principi cattolici dell'ermeneutica (ego nec Evangelio crederem nisi Ecclesiae me moveret auctoritas).
La Bibbia cinese di padre Allegra - in un solo volume, la cosiddetta Bibbia di Natale - vide la luce il 25 dicembre del 1968. Quest'opera non fu l'unico strumento attuato per la formazione del popolo cristiano. L'attività dello studioso, nel corso degli anni, diede ulteriori frutti efficaci per rinnovare, sin dalle radici, l'intera pratica cristiana. "Nei primi anni delle mia vita in Cina rimanevo sorpreso nel vedere i fedeli protestanti, che si recavano al loro Divine Service portando seco la Bibbia. I cattolici avevano invece il libro di preghiere e la corona del Rosario. Allora era d'uso quasi generale presso i protestanti schernire i cattolici perché la Chiesa proibiva loro l'uso della Bibbia, e perché ancora eravamo infetti della superstizione mariolatrica... Ora la situazione è completamente rovesciata. Abbiamo la versione della Bibbia stampata in due formati diversi; abbiamo tre edizioni diverse del Nuovo testamento, abbiamo una edizione dei quattro Vangeli ristampata diverse volte a decine di migliaia; e abbiamo la carta geografica murale della Palestina al tempo di Gesù, abbiamo l'antologia biblica:  il Vangelo del Regno, e abbiamo in ultimo il dizionario".
Il brano citato potrebbe suscitare l'impressione di certo clima polemico, cioè di un utilizzo della Parola con un sotteso rischio di ostacolare il cammino verso l'unità. Si verificò esattamente il contrario:  grazie all'Allegra, infatti, cattolici e protestanti iniziarono un proficuo cammino di dialogo, munendosi di strumenti di incontro, di scambio, di comunione. "Certo per quanto io sappia le Esposizioni bibliche di Taiwan e di Hong Kong non solo furono le prime tenute in Estremo Oriente, ma furono le prime nelle quali i cattolici collaborarono in spirito di estrema carità con i cristiani evangelici o protestanti. Tanti eventi accaddero dopo questa esposizione che stanno a dimostrare come il clima di mutua diffidenza si è mutato".



(©L'Osservatore Romano - 15 novembre 2008)
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15/11/2008 10:09

Repubblica Democratica del Congo
Sempre più drammatica la situazione nel Nord Kivu

Repubblica Democratica del Congo
I vescovi denunciano il genocidio silenzioso


Kinshasa, 14. Nel Kivu sta avvenendo un "genocidio silenzioso nel lassismo" della comunità internazionale. La denuncia viene dai vescovi della Repubblica Democratica del Congo, in un documento diffuso a margine della sessione straordinaria del Comitato permanente della Conferenza episcopale del Congo (Cenco), svoltasi a Kinshasa dal 10 al 13 novembre.
"È passato appena un mese da quando la nostra Conferenza episcopale nazionale del Congo, ha diffuso una dichiarazione sulla ripresa delle ostilità nell'est e nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo. Malgrado i nostri appelli accorati sia ai governanti che alla comunità internazionale, ahinoi!, la situazione in questa parte del nostro Paese non ha fatto che peggiorare. Sta raggiungendo proporzioni insopportabili molto inquietanti - si legge nel documento dei vescovi - e capaci di destabilizzare tutta la sotto-regione se non vi si pone riparo". 
"Condanniamo con veemenza questa maniera ignobile di considerare la guerra come un mezzo per risolvere i problemi e accedere al potere. Denunciamo tutti i crimini commessi contro cittadini innocenti - scrivono i vescovi - e disapproviamo nel modo più assoluto ogni aggressione del territorio nazionale. Biasimiamo il lassismo con cui la comunità internazionale tratta il problema dell'aggressione di cui è vittima il nostro Paese".
L'episcopato congolese sottolinea ancora una volta che si tratta di un vero dramma umanitario che somiglia a un genocidio silenzioso.
"I massacri gratuiti e su grande scala delle popolazioni civili, lo sterminio mirato dei giovani, gli stupri sistematici perpetrati come arma di guerra:  di nuovo una crudeltà di eccezionale virulenza si scatena contro le popolazioni locali che non hanno mai chiesto altra cosa che una vita tranquilla e dignitosa nelle loro terre. Chi avrebbe interesse a un simile dramma?".
Tutto ciò - afferma l'episcopato congolese - "sotto gli occhi impassibili di coloro che hanno ricevuto il mandato di mantenere la pace e proteggere la popolazione civile. I nostri stessi governanti si dimostrano impotenti di fronte alla portata della situazione dando l'impressione di non essere all'altezza delle sfide della pace, della difesa della popolazione congolese e dell'integrità del territorio nazionale. L'intera classe politica non sembra prendere la misura della sua responsabilità di fronte a questo dramma che rischia di ipotecare il futuro della nazione".
I vescovi chiedono "l'immediata cessazione delle ostilità e la garanzia delle condizioni di sicurezza per il ritorno degli sfollati alle loro terre, un aumento dell'aiuto umanitario, mentre si appellano al governo e alla comunità internazionale per porre fine alle violenze.
"È evidente - prosegue il messaggio dell'episcopato - che le risorse naturali del Congo alimentano l'avidità di certe potenze e non sono estranee alla violenza che si impone alla popolazione. Infatti, tutti i conflitti si sviluppano nei corridoi economici e attorno ai giacimenti minerari. Come comprendere che i diversi accordi sono violati senza alcuna pressione efficace per convincere i firmatari a rispettarli? Le diverse riunioni e conferenze per risolvere questa crisi non hanno ancora affrontato le questioni di fondo e non hanno fatto che rinviare e deludere le aspirazioni legittime alla pace e alla giustizia del nostro popolo. Inoltre, il piano di "balcanizzazione" che non smettiamo di denunciare è portato avanti da intermediari. Si ha l'impressione di una grande complicità che non svela il suo nome. La grandezza del Congo e le sue numerose ricchezze non devono servire da pretesto per farne una giungla. Chiediamo al popolo congolese - proseguono i vescovi - di non cedere a qualsiasi velleità di "balcanizzazione" del suo territorio naturale. Gli chiediamo di non sottoscrivere mai una messa in questione delle sue frontiere stabilite al livello internazionale e riconosciute dopo la conferenza di Berlino e gli ulteriori accordi.
Inoltre, i vescovi invitano tutta la popolazione congolese a un risveglio nazionale per vivere come fratelli e sorelle, nella solidarietà e la coesione nazionale, affinché il Congo non cada nella violenza e nelle divisioni. Esortano il governo congolese a fare di tutto per ristabilire la pace su tutto il territorio nazionale. "È il sacro dovere dei nostri governanti - recita il documento - esercitare le loro funzioni sovrane per proteggere la popolazione e garantire la sicurezza delle frontiere. Nessuno ignora che l'assenza di un esercito repubblicano pregiudica la pace nel Paese".
Infine, solidale con la sofferenza del suo popolo, la Chiesa-famiglia di Dio nel Congo si impegna ad accompagnare i suoi figli e le sue figlie provate per condurli sulla strada della riconciliazione e della pace. Esprime la sua riconoscenza a Papa Benedetto XVI per la sua attenzione al dramma del Congo, i suoi ripetuti appelli a tutti per una soluzione pacifica e per l'aiuto finanziario che egli stesso ha dato per dare sollievo alle popolazioni sfollate. Possa il Signore, che ha vegliato per ore nel giardino del Getsemani e che ha sentito come se fossero state fatte a lui stesso le sofferenze inflitte e imposte ai membri del suo gregge, vegliare con noi e sostenerci di fronte al dramma che conosce il nostro Paese. Che la Santissima Vergine Maria, Regina della pace, ottenga la pace per la nostra cara patria".



(©L'Osservatore Romano - 15 novembre 2008)
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